Eric Baret

Non si può essere liberi domani

 

3ème Millénarie n. 51  – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini

 

E.B: Un incontro non è che un gioco. Giocare è essenziale. Per divertirsi. Bisogna essere dei bambini, cioè liberi dalla storia, dalla pretesa di sapere qualcosa, di essere qualcosa o di diventare qualcosa. Non ho nessuna risposta, non sono una biblioteca. Giocare potrebbe essere ascoltare se stesso. Se una sensazione, un’emozione, un pensiero sorgono, esprimerlo. Io faccio lo stesso, la natura delle cose è un movimento, sonorità. Essere libero da ogni sapere; se no non si gioca, si lavora. E’ troppo tardi per lavorare.

 

D: Ma se non si sa giocare, forse apprendere a giocare è un lavoro?

E.B.: Tutti sappiamo giocare, perché non c’è che quello. Voi non credete veramente alle vostre storie, al vostro passato, al vostro futuro. Nel vostro ascolto, non potete credere ai vostri parenti che vi hanno detto che siete nati alla tale data, alla società che vi dice che morirete nei prossimi quaranta anni, non potete credere al vostro conto in banca.

Si può affermare di prendersi per il proprio conto in banca, per la propria vitalità, per la propria intelligenza, per la propria forza. Ma profondamente, non si crede a questo. E’ per questo che, ogni sera, abbandonate tutte queste credenze e vi lasciate andare al sonno profondo.

E’ la vera gioia della giornata. Se ci credeste davvero, non potreste dormire, non potreste morire ogni sera. La storia di essere qualcosa sorge ed è meraviglioso che sia così: sorge perché se ne ha bisogno. Quando avete paura, quando desiderate, è la vostra porta sulla libertà, è la vostra porta sul non essere niente. Per cattiva abitudine, si respingono queste porte e ci si dice: “Devo liberarmi dalla paura, dall’inquetitudine, diventare libero, saggio. Devo diventare… domani”.

Ecco la grande miseria, volere diventare, volere essere libero: quando non avrò più paura, quando non sarò più come questo, come quello. E’ sofferenza. Ma anche questa pretesa, voi la lasciate ogni sera. A un certo momento, si scopre il meccanismo. Finché pretendete, soffrite. Quando non pretendete niente, c’è tranquillità. La tranquillità è sempre adesso, non dipende da niente. Non avete bisogno di diventare, di imparare, di studiare, di purificarvi; avete bisogno di fermarvi di pretendere di essere qualsiasi cosa. E’ quello che fa un bambino! L’oggetto si presenta, il bambino è là. L’oggetto lo lascia, è su un altro oggetto. A un certo momento, si vede quanto il rinvio fa soffrire. Volete essere libero domani, volete trasformarvi, calmarvi, fare Yoga, andare in India, in Cina, diventare buddista, diventare… E’ difficile dormire quando si vuole diventare. Prima o poi, capite che non c’è niente da diventare. Qualcosa, o piuttosto niente, succede, è il diventare che passa. Non si può cercare di essere come un bambino: questa è una tendenza da adulto! Volere comprendere un bambino! Non c’è niente da capire!... C’è solamente ascolto, senza avere la pretesa d’essere qualcos’altro, d’essere separato da ciò che si sente. Voi ascoltate. Il vostro vicino spacca la testa di sua moglie contro un muro, voi ascoltate il rumore della testa che si spacca, ascoltate la vostra reazione, la vostra indignazione, trovate questo molto violento e avete voglia di spaccare la sua testa contro il muro, perché la violenza è inammissibile. Vi rendete conto che siete violento come lui ed è per questo che non sopportate la sua violenza. Basta ascoltare, come un bambino. E’ gratuito, non dovete andare a dei seminari per impararlo. Nessun libro ve lo può insegnare: è il vicino, quando spacca la testa di sua moglie che ve lo insegna, perché è la vostra realtà del momento. E’ quello che dovete ascoltare, perché, è quello che succede; questo non impedisce l’azione, sicuramente!

Quando c’è ansia, è questo l’oggetto di meditazione. Quando c’è gelosia è questa l’Istha Devata. Non avete bisogno d’andare in India, questo è sempre con voi. E’ gratuito, non vi porta niente: non diventate liberi, non diventate saggi, non diventate niente. C’è unicamente tranquillità. Non è la vostra, non è nella vostra tasca. Giocare è nell’istante. Domani, la paura viene di nuovo: voi dite grazie, perché non è altro da voi stessi. Questa paura è di nuovo il vostro ascolto, la vostra verità, d’istante in istante. Non si può essere liberi per sempre, perché non c’è che l’istante. Ed è un gioco senza partecipante. Non c’è che il gioco, nessuno gioca.

 

D: Non ho domande, ma vorrei proprio vivere più intensamente. Quando avete cominciato a parlare, ho sentito una tranquillità che si installava. Ma avete parlato dell’infanzia e della intuizione del bambino a diverse riprese. Più il discorso continua meno mi sento bene quando vi sento parlare, perché l’intuizione del bambino non l’ho conosciuta. L’ho conosciuta in modo molto furtivo, ed è ora che la scopro. Parlare del bambino per me è difficile. Ho l’impressione di fare il cammino inverso, di non aver conosciuto l’infanzia senza pensieri e di conoscere ora cos’è l’infanzia. Questo mi spiace molto. Più vi sento, più sento la collera, perché le cose non sono arrivate nel momento in cui bisognava che ci fossero.

E.B: La collera è quello che c’è di più vivo in voi, d’essenziale. Qui ed ora. Ascoltate, la sentite, siete libero. Ritornare all’infanzia è un concetto. L’infanzia è ora; lasciate che la vostra storia abbia avuto un’infanzia. Se provate a evitare questa collera, perché vi impedisce così di fare qualsiasi cosa, è un rimandare. Datevi a ciò che sentite adesso, che è ciò che c’è di più prezioso in voi. Come lo sapete? Lo sentite adesso. Non c’è che l’essenziale che appare. Lasciate che questo vi riempia. Ecco la tranquillità. Non potete liberarvi domani, né tra un secondo. Non avete nient’altro da fare. Voi sentite. E’ questa l’infanzia, non cercatela nel passato.

Sentire vuol dire amare, dire si. La persona non può che dire no. Quando amate, quando vi amate, amate tutto. Lì non può esserci collera. La collera è una vecchia storia che vuol far credere che c’è stato qualcosa di falso nella vostra vita. La buona notizia è che non c’è mai stato niente di falso nella vostra vita. La vostra vita è perfetta. Quello che è successo quando eravate giovane, era perfetto. Perché tutto è perfetto quando non ci sono storie, che le cose dovrebbero essere in altro modo, che Dio ha fatto un piccolo errore nella vostra vita e che bisogna provare a correggerlo. No. Tutto quello che è capitato, vi porta a essere completamente libero nell’istante. Non c’è niente da rettificare; non si può avere senso di colpa, rimorso. Tutto era perfettamente giusto, tranne nella vostra storia, che la vita dovrebbe essere questo o quello. Si tratta di essere completamente qui.

Questa sera avete sentito tranquillità perché avete ascoltato. Vi siete ascoltati; è la vostra tranquillità, non c’è nient’altro. Non è all’esterno. Non ci sono situazioni che portano alla tranquillità.

 

D: Quando vi ascolto, c’è una parte di me che ha voglia di giocare. Mi viene da dire: che senso ha ascoltare, provare a essere libero, che senso ha?

E.B.: Esattamente!

 

D: Il seguito è: in ogni modo sto per morire, lo sento. A che serve tutto questo?

E.B.: Questo voi lo pensate, non lo sentite. Non potete sentire la morte. La morte è un pensiero. Quando dite: “è inutile fare qualsiasi cosa” voi sentite, è la vostra natura profonda; essere senza dinamismo. Potete sentire che è inutile venire qui perché la vostra natura profonda non è da nessuna parte. Ma non potete sentire che c’è la morte davanti a voi. Questo è un concetto, una storia. Avete assunto questo concetto, con quello d’essere nato, di avere un nome. Lo fabbricate ad ogni istante. Non avete che a liberarvi di quello per essere tranquillo.

Essere un bambino vuol dire non avere la pretesa di essere una qualsiasi cosa. Voi sentite l’immagine della morte; non può essere che una immagine ed è la vostra porta verso la tranquillità. Lasciatela venire, andate a vedere ciò che succede in voi. Diventa un sentire. La morte, lei, è nella gola, nel petto, nel ventre. L’accogliete e andate a vedere che questo non si può mantenere. E’ faticoso pensare. Ma quando accogliete qualcosa, non resta che l’essenziale: è l’accoglienza. Ciò che accogliete, non ha importanza. E’ per questo che in India, può essere Ganesh o Kali; non importa. E’ la celebrazione che è importante, ciò che si celebra non è che un pretesto. E’ l’accogliere che conta. Ciò che si accoglie è una decorazione. Voi avete la fortuna di accogliere il concetto della morte: è il vostro Ishta Devata, il vostro oggetto di meditazione. Non in vostro oggetto di concentrazione, non voler comprendere, voler condurre al vostro livello l’immensità: questo è orgoglio. Non c’è nient’altro da comprendere nell’essenziale. Voi ascoltate, non c’è nessuno che scelga, non c’è niente, niente che è ascoltato; c’è ascolto. E’ questa la meditazione. Il momento in cui volete cacciare il pensiero della morte, c’è agitazione. Ciò che si presenta è esattamente ciò che è necessario. E’ il vostro dono. Allora voi dite si. Non concettualmente, ma profondamente, nel senso che voi siete questo si. E’ la vostra natura e lì non c’è storia. Non avete niente da fare per questo, tranne vedere che si sta costantemente facendo… Se faceste meditazione, se studiaste le Karikas di Gaudapada, se mangiaste più germogli…; ognuno ha le sue fantasie. Ma è sempre domani e questo non funziona. Potete avere meno paura dei gatti, ma la paura è sempre lì. Perché  essere una qualunque cosa, è avere paura.

 

D: Parlate di leggerezza e io vi trovo di una pesantezza terribile (risa). Mi dico che c’è qualcosa che ho voglia di cogliere in ciò che dite. Mi dico che ci deve essere una coesistenza tra pesantezza e leggerezza.

E.B.: Questa pesantezza è un’impressione. Quando andate a un concerto, a volte i musicisti sembrano scuri. Quando andate a vedere una competizione di arti marziali, chi dà il colpo di piede o il colpo di coda, può a volte fare un grido o una smorfia. Il corpo si esprime in diversi modi, la tranquillità può prendere tante forme. A un certo  momento, non avete più storia su queste codificazioni. Ci sono molti modi di sorridere. Ci sono molti modi di piangere. Se la vostra leggerezza diventa pesante, in qualche situazione, è che non è seria. Era una leggerezza psicologica. La leggerezza, se si vuole usare questa parola, è questo sentire ciò che si presenta nell’istante, è tutto quello che si può avere per sempre. E’ un sentire non concettuale. Non si potrà mai avere qualcos’altro e non c’è mai stato nient’altro. Ma se gli avvenimenti vi rendono pesante, è che questa leggerezza è psicologica, dipende dalle circostanze.

Un giorno vedrete profondamente che tutto ciò che dovete fare vi affatica. Sarete troppo affaticati per far qualsiasi cosa, compreso  essere leggeri, compreso essere tristi. Vedrete che tutto questo è un’attività che viene solo quando pretendete di avere una storia, avere un passato e un futuro. Ecco una maturazione che non dipende da un qualunque fare e che non dipende dal tempo. Allora la parola maturazione è falsa. Evitate di volerla capire, perché non si può comprenderla che nel tempo e questo è un errore: la maturazione è nell’istante. Siete costretti a questa maturazione. Il solo ritardo possibile è di provare a essere maturi, con il pensiero, con l’azione o con l’emozione. E’ un sacco senza fondo. Voi volete diventare più saggi tutti i giorni, più liberi tutti i giorni: è una miseria continua. Voi ritardate costantemente l’essenziale. A un certo punto, non cercate più di essere meno questo e più quello, di essere senza paura, di essere senza desiderio: non cercate niente. Si può chiamare una forma di rispetto, un rispetto per la realtà, per quello che è nel momento. E’ il rispetto per l’essenziale. L’essenziale non è qualcosa che è nascosto dietro l’apparenza, come le belle storie indiane. L’essenziale è ciò che è lì, ciò che voi sentite nel momento. Non c’è niente altro che questo. Non c’è niente da capire, non c’è semplicemente niente. E’ questo che si riflette come leggerezza, che apparentemente sorge quando le situazioni si accordano alla vostra ideologia e che apparentemente scompare quando le situazioni non corrispondono al vostro piano per l’umanità. A un certo punto, smettete di prendervi per Dio e di volere risolvere i problemi dell’umanità o i vostri, perché sono gli stessi. Nei due casi si tratta di una storia.

Praticamente, potete offrirvi dei momenti nella giornata, come a un semaforo rosso, per qualche istante, non è un problema di tempo, non c’è tempo lì, dove smettete di credere di essere una donna, un uomo, un cane, un dromedario, di avere parenti, dei figli, un lavoro, un’intelligenza, una comprensione e vi date a quello che c’è. Può essere un ginocchio, un fracasso, un odore, quello che c’è nel momento, senza voler trarre nulla. Quello è l’essenziale, la bellezza. Questa disponibilità si espanderà nella vostra vita, fino al momento in cui voi volete quello che c’è, perché ciò che c’è, è quello che deve esserci. E’ la totalità. Allora la leggerezza è vera; e non può essere pesante. L’espressione di questa leggerezza può essere terrificante se necessario. Ma è una  leggerezza. Quando il gatto taglia la gola al topo, è la stessa leggerezza, se la si guarda senza storia. Ma se avete una storia, allora, secondo se state dalla parte del gatto o del topo, è una cosa drammatica o meravigliosa. Ma se non è assolutamente niente, se non si ha un’ideologia che concerne il modo in cui deve essere il mondo, se non si ha la vanità di voler migliorare la creazione. Questo non impedisce di muovervi! A volte assistete con meraviglia allo spettacolo del gatto che tortura il topo, a volte darete un colpetto sul naso del gatto. Uno non è migliore dell'altro. Non decidete: non è un gatto cattivo, non è un povero topolino. Il topo, se qualcuno non gli spacca la testa, va  a mangiare qualcun’altro. La natura della vita è l’azione. Il corpo si muove, il corpo contempla, il corpo batte sul muso del gatto: è la stessa cosa. Non c’è una storia dove sappiate meglio di Dio ciò che deve essere. Come sapete che dovete battere sul naso del gatto? Battete sul naso del gatto. Come sapete che dovete assistere all’esecuzione del topo? Assistete all’esecuzione del topo. Non c’è meglio o meno bene, tranne se si vive in modo ideologico. In questo caso, dieci ani dopo, penserete a questo povero topo massacrato dal gatto. Tutto ciò che è meno di una libertà, è una pretesa, è faticoso. Tutto ciò che dipende da qualcosa, è una pretesa. Non c’è causa e effetto, tranne nella nostra storia. Non c’è niente da pensare lì dentro, il pensiero non può comprendere. Ascoltate, dimenticate. Rimane la leggerezza.