3M: Conoscete bene la
tradizione yoga con le sue forme e i suoi movimenti contemporanei. Vorremmo
cominciare la nostra intervista con un vostro chiarimento sul famoso “yoga
dell’energia” iniziato da Lucien Ferrer. Quella scuola particolare rileva due
tradizioni dell’energia molto dissimili: quella della Cina antica con i suoi
meridiani, e quella dei Tantra dell’India con le nadi e i chakra.
Mi sembra che quell’amalgama deve far parte delle curiosità, cosa ne pensate?
P.F. Senza ostilità ma senza entusiasmo. A priori trovo appassionante la messa in relazione dell’energia cinese e dell’energia tantrica. Quell’argomento potrebbe occupare tutta una vita, è con una foga simpatica che Lucien Ferrer e i suoi seguaci hanno tentato questa sintesi. Mi sembra però che Ferrer non avesse la capacità sintetica necessaria per un’impresa di quella portata. Il risultato ne fu, malgrado delle intuizioni giuste, un bricolage ibrido, un curioso meccano. Se lo yoga dell’energia ha un interesse un po’ barocco, resta inutilizzabile. I libri di Ferrer sono terribilmente datati, pur conservando un certo fascino.
Alla fine, una conoscenza teorica e pratica
delle due tradizioni (senza parlare della tibetana alla quale quelle persone si
riferiscono sempre così volentieri) è molto difficile trovarle in un solo
individuo.
Da parte mia, non ho incontrato nessuno
qualificato in ciascuna di quelle forme. Il che non vuol dire che sia un’impresa
impossibile.
Non bisogna mai dimenticare che le persone
più competenti non sono per forza quelle che scrivono libri o che fanno scuola.
3M.
In ogni caso è encomiabile aver voluto dare una coerenza a sistemi molto
diversi. E’ vero che in passato quei sistemi rimasti segreti e i loro adepti
non si incontravano, vivendo gli uni e gli altri nel loro pianeta spirituale
(la Cina, il Cachmire, o altri). Oggi, con la mondializzazione, la situazione è
molto diversa: molti praticanti e scuole rivendicano una visione
dell’energetica, del corpo energetico, delle sue polarità e dei suoi centri
d’energia ( meridiani, nadi, chakra, ecc).
P.F.
Oggi molte scuole di yoga mettono l’accento sull’energia, non solo la kundalini
yoga, ma diverse modalità di Hata yoga. D’altronde è difficile
ritrovarsi in quelle definizioni spesso improprie, a volte abusive e lo scarto è spesso grande tra le
parole e la realtà…
In ogni caso constato che molti praticanti
di quelle tecniche somigliano un po’ a battelli senza pilota, battelli ubriachi
che vagano da un seminario a uno stage. Si passa il proprio tempo a aprire
sempre più chakra che si richiudono. Si è presi in una specie di vortice
senza fine.
3M.
Quel tipo di pratiche è basato sulla ricerca del controllo…
P F.
Controllo forsennato, che soprattutto finisce per rafforzare l’ego.
Perché sperimentare è magnifico, ma in fin
dei conti chi sperimenta? Chi prova?…
Non voglio qui riprendere un discorso
vedantico alla maniera di Ramana Maharshi o di Jean Klein, ma malgrado tutto
siamo risospinti a quella interrogazione o quell’enigma dopo aver visto certe
esperienze sottili, psichiche o metafisiche: l’enigma del soggetto, della
coscienza.
In fondo, per vederci chiaro, bisognerebbe
staccarsi da quella ossessione dell’energia, molto alla moda e certo
accattivante, per porci la domanda dell’origine, della sorgente: esiste una
sorgente comune all'energia e alla coscienza ed è possibile risalire fino ad
essa, senza perdersi nei vortici?
Ma pochi pongono la questione in questi
termini.
Quello che li interessa non è neanche
l’energia, ma le manifestazioni dell’energia, è provare, gioire o soffrire,
vibrare, sentirsi esistere attraverso le sensazioni, i fenomeni ed
eventualmente i poteri.
Ma quando si diventa un po’ più esigenti,
rigorosi e lucidi, o, in senso proprio, disincantati, non ci si contenta più di
quei lustrini.
Si resta nella propria fame, perché si vede
che ogni esperienza dà l’appetito o la curiosità di un'altra esperienza.
Arriva perciò un momento, in cui si ricade
su quella questione dell’energia. Senza negare quel vasto campo, si prova ad
andare a un livello più profondo o, se preferite, di ritornare a monte. E’ lì
la mia via, ma è piuttosto un segnale di invecchiamento…
3M.
Diciamo piuttosto di maturità!…
Penso ormai che si tratti di una falsa
opposizione e che queste due vie possono essere complementari, o possano
trovare una sorgente comune.
Ne consegue che l’una senza comprendere la
bellezza dell’altra finisce spesso in un
analogo impasse.
3M.
Arrivate dunque a una tappa della vostra vita, dove vedete uno scoglio attraverso quelle pratiche di yoga
che hanno dato nascita ad ogni sorta di tecniche psicoterapeutiche e
energetiche. Quelle pratiche avrebbero i loro limiti per mancanza di
profondità?
P.F. La profondità è sempre lì, ma non c’è molta gente per sondarla.
Nel campo dell’energia non si trovano molte
buone guide.
Invece ci sono molti illusionisti,
ciarlatani e piccoli maestri che si illudono loro stessi prima d’illudere gli
altri.
E’ il mondo intermedio e la seduzione, la
manipolazione vi giocano appieno.
Nel campo del lavoro sulla coscienza, ci
sono più istruttori onesti e competenti, senza ricordare qui Ramana Maharshi o
Nisargadatta, e restando a un livello più modesto. Dunque meno rischio di
perdersi o di bruciare. Sono vie dure e poco gratificanti, dove l’ego prende un
bel colpo. Si può giocare per un po’ a dirsi advaitin, adepto del chan
o della non-via cachmiriana, ma sono
parole, posture estetiche, che non resistono a lungo davanti all’ingratitudine
e alla durezza del lavoro svolto. Predico perciò un grande avvenire alle vie
dell’energia. Sono nell’aria dell’epoca.
Il fantasma contemporaneo d’essere sempre
in buona salute, bello, desiderabile, in forma e, perché no, immortale trova lì
la sua giustificazione pseudospirituale. E’ l’aspetto negativo, caricaturale
del Tantra, l’ombra del Tantra che sta per dominare il mondo.
3M.
Avete posto or ora la domanda fondamentale: ma alla fine che fare di
quell’energia?
P.F.
Sicuro, si fa uno stage dell’energia, kundalini-yoga o altra, e
si ritorna, tutti animati, carichi di energia fino alla gola, sputando fuoco
come piccoli draghi.
Questo dura otto giorni o quindici, tre
settimane o tre mesi, ma presto o tardi cade, si raffredda, si sgonfia e ci si
ritrova pieni di dubbi, di amarezza e frustrazione, perché alla fine non è
successo niente di decisivo.
Si è mossa solo la superficie senza toccare
la profondità.
La ricerca dell’energia per l’energia non
ha nessun interesse. E’ come un conto bancario che bisogna sempre alimentare.
Come essere ricco per essere ricco non ha
alcun senso, o conquistare il potere politico solo per possederlo, nello stesso
modo acquistare energia senza sapere che farne è totalmente assurdo.
Detto questo, un lavoro unilateralmente
centrato sulla coscienza, il discernimento, il distacco, la vacuità, il lasciar
andare, ecc. può condurre allo stesso fiasco. Il distacco, ma per fare cosa?
Essere ipercosciente, ma a che scopo? Non pochi sesshin, seminari di
meditazione finiscono in questa aridità, in questo insipido deserto.
3M.
Non c’è allora una mancanza di conoscenza di sé nella direzione del “Chi
sono?”
P.F.
“Chi sono?” o” “Che cosa sono?” sono domande eccellenti, a condizione
che siate capaci di riappropriarvene, di riattualizzarle in voi stessi, se no
siete dei pappagalli che ripetono un mantra. Non bisogna installarsi in
un discorso non-duale, non bisogna che diventi una retorica, un ronron.
Né un
fondo di commercio né una cappella o una nicchia preziosa, che permette
di guardare i poveri dualisti con una sdegnosa benevolenza.
La sufficienza di certi sedicenti illuminati è insopportabile, si ha voglia di sculacciarli, per insegnare loro una sana dualità. Siamo onesti: nei fatti, nel nostro comportamento e nel nostro pensiero, siamo tutti dualisti, ma tra i dualisti ce n’è qualcuno che, per posa o per interesse, in buona o in cattiva fede, s’immagina non-dualista!
Lo proclamano con aplomb, o più finemente lo lasciano dire, quando gli si crede, li si ammira, li si imita, li si invidia. Questo non fa che aggiungere illusione a illusione. Posso anche ripetermi tutto il giorno:
Coscienza = Energia,
Shiva = Shakti
o ancora samsara = nirvana,
questo impressionerà la mia portinaia,
ma concretamente cosa cambierà nella mia
vita?
Quando la donna o l’uomo che amo mi
lascerà, quando mio figlio si drogherà, quando mi si dirà che ho un cancro, a
cosa mi serviranno quelle belle formule?
Quando una persona mi chiede consiglio (la
sventurata!), non posso che tentare di sgonfiare la bolla nella quale si
confina, la bolla della coscienza o dell’energia. Al fanatico della meditazione
raccomando l’attività, a quello del tantrismo, il raccoglimento.
Generalmente la persona non ascolta o
ascolta senza capire, perché si trova in un processo di fascinazione quasi
ipnotico, sotto l’influenza di un maestro o di una meditazione, pronto al
rigore e a cambiarlo ma per un altro più valorizzante. Lei dice allora: “Ah!
Si, gli piacciono molto i paradossi” o “Gli piace molto provocare!"… e tutto
si ferma lì.
Poco importa d’altronde, non bisogna
cercare di cambiare gli altri, non ci si pensa nemmeno, quando si capisce che
nove persone su dieci che si credono in una via spirituale non perseguono che
uno sviluppo personale.
Da quando non ci si situa più
esclusivamente in uno dei due poli (polo energia, polo coscienza) si vive allora
controcorrente. Non lo si fa apposta, non lo si fa per essere originali. Lo si
constata, ecco tutto, e ciò non rende né tristi né fieri. E’ come la storia del
bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: se si è pessimisti si dirà “quell’uomo è
solo”; se si è ottimisti si dirà: “quell’uomo è libero”. L’uomo in questione,
lui, non si dice più niente. Beve il bicchiere o lo rompe.