Joelle Maurel
Una pedagogia del
risveglio è possibile?
3ème Millénaire n. 91 – Traduzione della dr.ssa Luciana Scalabrini
Per poter rispondere a questa domanda è necessario prima di
tutto definire cos’è il risveglio. Ci sembra che ci sia una gran confusione a
proposito della nozione di risveglio, che può essere sperimentata a due
livelli:
Il primo livello riguarda una presa di
coscienza improvvisa, una specie d’illuminazione che toglie il velo
dell’ignoranza umana e apre l’uomo condizionato, chiuso nelle abitudini e nella
ripetizione, alla percezione di una coscienza più alta che si chiama il Sé.
Al momento di quel risveglio, che può risultare
da un certo cammino interiore o di avvenimenti accaduti nella storia di una
persona, in modo graduale, l’uomo fa l’esperienza dell’unità. Spesso le persone
che vivono quell’esperienza ne sono trasformate, illuminate, ed entrano in un
periodo di grande cambiamento che apre alla
creatività, ad una diversa percezione del mondo in cui sono portate per quella
che Jung chiama la funzione trascendentale; possono credere di aver raggiunto
la realizzazione e possono dirsi risvegliati, mentre il cammino verso il
secondo livello è appena incominciato.
Il secondo livello riguarda colui che,
dopo aver fatto l’esperienza spesso improvvisa di una illuminazione interiore,
continua la sua ricerca senza fermarsi in quella credenza di essere
risvegliato e inizia ciò che Aurobindo
chiama la salita. Si tratta di un cammino molto più
graduale durante il quale la persona si confronta con l’inconscio personale e
con quello collettivo, scoprendo che, se porta la luce nelle profondità di se
stesso, porta anche tutto l’orrore dell’umanità.
Ma
chi osa avventurarsi fin là? Chi ha incominciato la traversata non può
retrocedere, avanza a piccoli passi, a volte illuminato, a volte terrorizzato,
vicino alla follia, spesso nella disperazione. Scopre dietro la realtà
costruita dal mondo, il reale, il vuoto e perde i suoi riferimenti, tutte le sue illusioni. Il cammino l’ha già obbligato a spogliarsi
delle credenze, delle abitudini, dei condizionamenti, ma nell’ultima tappa è al
suo Me che deve rinunciare, al suo ego che si attacca
e non vuole morire. Allora c’è l’agonia. Forse nell’ultimo combattimento l’ego
rinuncia, lascia andare, smette di lottare e accetta. Non sappiamo se questo
arriva in modo improvviso o progressivo, questo semplicemente arriva poiché alcuni grandi saggi l’hanno sperimentato e
vissuto.
Il risveglio ci appare come un cammino graduale e
controllato, per evitare ogni rischio di deragliamento dell’anima. Pensiamo che
nel corso del cammino, le illuminazioni che ci permettono di cambiare lo stato
di coscienza sono momenti di passaggio che si hanno in modo improvviso. Non
neghiamo la possibilità di una apertura improvvisa
della coscienza dell’uomo addormentato verso quello che chiamiamo uomo noetico,
ma questo non è senza pericolo. Chi passa improvvisamente da una coscienza
addormentata ad una coscienza noetica non ci pare aver
integrato tutto il processo di confronto con l'inconscio. Krishnamurti pensa
che tutto questo cammino sia inutile, ma noi non aderiamo a quella concezione.
Krishnamurti stesso parla di un processo che sembra corrispondere alla discesa
dello spirito nella materia, ad una coscientizzazione del corpo materiale. Studiando
la sua vita, abbiamo potuto constatare che quel processo ha preso del tempo e
che non si è verificato in modo improvviso. Solo la presa di coscienza ci
sembra poter essere improvvisa, ma le fasi di integrazione
richiedono tempo e sembrano graduali.
Una pedagogia del risveglio ci sembra perciò possibile e
necessaria, per:
1) Aiutare la persona a risvegliarsi, in modo improvviso o
graduale, alla presa di coscienza dei suoi
condizionamenti, della sua ignoranza e della sua identificazione con un Me costruito,
che deve superare, per risvegliarsi ad una coscienza allargata. Ci sono molte
filosofie spirituali che propongono una pedagogia ontologica, che prendono in considerazione la dimensione dello Spirito senza
cadere nel misticismo o nel dogma religioso.
2) Per guidare l’essere cosciente a camminare verso la morte
dell’ego e il risveglio alla realizzazione noetica; si
pone allora tutta la questione del maestro, perché è importante che questa
pedagogia sia guidata da un educatore che conosca il cammino, perché il viaggio
è pericoloso e può condurre fino alla follia, se ci perdiamo per strada.
Oggi la maggior parte dei viaggi interiori sono proposti attraverso stages de new age, che molto
spesso non accompagnano la persona nel
suo cammino dopo l’esperienza, per poterla integrare, comprenderla e non
divenirne dipendente. Per questo è necessario un maestro spirituale: permette
la comprensione e l’integrazione dell’esperienza.
Però,
per accompagnare verso un’educazione ontologica che si rapporti all’essere, è necessario
che lo stesso educatore abbia fatto il cammino e abbia fatto l’esperienza della
coscienza noetica. Un uomo fisico, come potrebbe parlare dello Spirito? “Solo
il simile conosce il simile” (Michel Fromaget). E’ impossibile per chi non ha
fatto l’esperienza parlare di ciò che non conosce. Qui non si pone più la
questione della gradualità o dell’illuminazione improvvisa, ma la questione è
quella di una psico- pedagogia del risveglio, che è impossibile senza
l’autenticità dell’educatore, perché è lui il modello, colui
che va seguito, ascoltato e che ci guida quando ne abbiamo bisogno senza
però renderci dipendenti.
Un maestro che non è conseguente con ciò che dice e ciò che
è, non è credibile e non può toccare quelli che cercano di capirlo, perché solo
l’autenticità può aiutare l’altro a progredire nella via della saggezza. Chi
oggi ha il coraggio di impegnarsi in un cammino fatto di rigore, di autenticità, di lucidità, di responsabilità,
d’accettazione, di studi, di solitudine, ecc?
Anche
se si sa che quel cammino rigoroso e difficile conduce alla conoscenza e al
senso della vita, la maggior parte preferisce il facile cammino dei desideri
ammucchiati con il materiale e di conseguenza l’illusione della felicità.