3ème Millénaire n. 83 – Traduzione della dr.ssa
Luciana Scalabrini
Molte tradizioni spirituali parlano di rinascita, di
risurrezione o di una seconda nascita per evocare coloro che
sono giunti a ciò che quelle stesse tradizioni chiamano risveglio
spirituale.
Ma che cos’è quel risveglio spirituale, dopo il quale molti
addetti della new age o della spiritualità corrente o dopo la promessa di una
vita nuova, fa dell’uomo un “nato due
volte”, un risvegliato?
Molte persone si affaticano per tutta la vita a correre
verso qualcosa che cercano disperatamente all’esterno
di loro stesse e che si trova all’interno di sé, perché per risvegliarsi
dall’ignoranza e rinascere, bisogna prima conoscersi. Infatti
il lungo cammino della conoscenza di sé conduce alla morte di tutte le nostre
credenze, illusioni, pregiudizi, condizionamenti; questo cammino ci porta
davanti al reale nascosto dietro la realtà alla quale siamo attaccati, alla
quale crediamo, ma che improvvisamente si rivela illusoria. Quel cammino di
conoscenza di sé ci conduce davanti all’abisso, alla rinuncia di tutto quello
in cui credevamo e si tratta di un confronto con la
morte, prima di rinascere nel senso di risvegliarsi alla coscienza e alla luce
del divino che sta nel più profondo di noi stessi, liberi da tutti i
condizionamenti, liberi dal conosciuto.
Si tratta di un processo interiore, che simbolicamente
corrisponde al lungo cammino della croce di Gesù, alla sua lunga agonia prima
di svegliarsi a una nuova vita riferita alla vita
dello Spirito, che chiamiamo Dio e che non è altro che il principio
dell'energia sacra della vita e della luce nascosta nel fondo della nostra
anima, completamente nascosta dall'agitazione dei nostri pensieri e del nostro
mentale.
Gesù è il modello archetipico della più alta realizzazione. Vediamo come la vita di Gesù può insegnarci
qualcosa a livello del processo morte/rinascita, che conduce al risveglio della
coscienza più alta, facendo riferimento al Vangelo di Giovanni. Giovanni
presenta il suo vangelo come una rivelazione dell’esistenza e mette il
messaggio di Gesù in relazione all’aspirazione più
profonda dell’uomo: il desiderio di vivere. Ora, “i personaggi che incontrano
Gesù sono in cerca di vita, di più vita” (Zumstein).
Quella ricerca di vita, di più vita, quel desiderio
profondo di realizzazione della vita, è nel cuore stesso di quella riflessione
sulla possibilità di una nuova nascita. Infatti, ogni essere ha sete di una
vita che sia più piena, più libera e colma di pace, di
gioia e d’amore. Come può l’uomo giungere alla realizzazione
di una vita illuminata? Per Gesù, l’uomo non ha altro mezzo per quella realizzazione che il suo cuore di carne, con il suo immenso
desiderio di vita. Così, secondo il vangelo di Giovanni, Gesù incontra uomini e
donne che soffrono per il desiderio di vivere meglio e che lui aiuta a
camminare verso una vita che è anche luce. Appare come un educatore del
desiderio nel senso che
“lo suscita, poi lo libera dal suo arcaismo, lo strappa alla sua notte, alle sue strettoie, alle sue ambiguità,
infine lo apre alla luce dilatandolo all’infinito”(Eloi Leclerc).
E’ evidentemente attraverso immagini simboliche, la più
parte ispirate al Libro dell’ Esodo, che il vangelo di
Giovanni tenta di guidarci in quel cammino verso la morte e la rinascita.
Cammino di immagini che seguiremo passo per passo per
comprenderle meglio. Per San Giovanni, l'amore è all'inizio di
tutto e porta tutte le cose verso il loro compimento. “Tutto fu attraverso
di lui e senza di lui non fu niente”.
La vita ha un senso e il desiderio di trovare quel senso non
è un sogno; è quello che porta l’uomo alla realizzazione.
Gesù, nel vangelo di Giovanni, appare soprattutto come un uomo che incontra
altri uomini e ogni incontro sembra illustrare un momento del cammino interiore
verso la realizzazione di sé e il processo di
morte–resurrezione a cui conduce.
a)
Autorizzarsi a entrare nel cammino di una trasformazione per creare la
propria vita.
Gesù incontra dapprima due discepoli di Giovanni pieni di
desiderio che li guida verso il cammino della realizzazione; quando gli
domandano dove
stia, lui risponde: "Venite e vedete"” Quella frase semplice sembra
indicare non che devono seguirlo, ma che devono venire verso di lui e cercare.
Venire verso il Cristo a livello simbolico è aprirsi alla realtà intima
dell'essere, è entrare in relazione con quel simbolo vivente, per trovare
l'energia attiva e creatrice che è nel più profondo di noi stessi.
In seguito, in occasione di un matrimonio in un villaggio,
non c’è più vino e Maria domanda a Gesù di fare qualcosa. Gesù allora cambia
l’acqua in vino perché tutti possano essere contenti. Ma,
prima di compiere questo, dice a sua madre: “Cosa c’è tra te e me, donna?”.
Quella frase sorprendente sembra indicare che deve camminare solo e che nessuno
gli deve indicare la strada se non la sua guida interiore, Dio in lui o ciò che
chiamiamo energia attiva e creatrice che è in lui
stesso. E’ prendendo da solo la decisione di camminare verso lui stesso, di
aprirsi a lui stesso, che l’uomo può trasformare l’acqua in vino, cioè trasformare la
sua vita. C’è qui anche l’idea di una creazione di sé, perché trasformare la
propria vita è crearla diversa. Camminando solo, cioè
liberandosi di un certo modo che gli altri, e anche i propri genitori ci
chiedono di fare e prendendo da soli la decisione delle nostre azioni,
trasgrediamo all’autorità per entrare nella autorizzazione di creare, nel senso
di trasformare la nostra vita. Questa trasformazione annuncia una rinascita
dell’essere.
b)
Nicodemo o la
nuova nascita.
Nicodemo è un notabile ebreo che è Dottore
della Legge e “venne di notte a trovare Gesù”.
Quest’uomo è un erudito che possiede la conoscenza delle scritture e che
insegna, ma viene a vedere Gesù perché dubita e sente che il suo messaggio è
importante. Il simbolismo è molto interessante: l’uomo che ha l’erudizione, la
conoscenza concettuale, ma che resta un uomo di desiderio, può anche essere in
cerca di verità, di luce, di un’altra conoscenza: allora viene verso Gesù, cioè si apre al cammino interiore che porta alla
trasformazione. Per questo trasgredisce alle autorità, alle credenze ricevute e
viene di notte ad ascoltare il Maestro. Il simbolo della notte rappresenta
spesso l’immagine delle tenebre nell’uomo; il cammino dell’uomo
è passare dalla notte alla luce, nascere alla luce. Gesù comprende la ricerca
interiore di quest’uomo di vedere la luce e il regno di Dio. Gli
dice: “In verità, in verità ti dico: a meno di nascere d’acqua e di Spirito,
nessuno può entrare nel regno di Dio. Perché
ciò che è nato dalla carne è carne, ciò che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti dico: bisogna nascere dall’alto…” Qui, non
si tratta più di conoscere nel senso di acquistare più conoscenze, si tratta di
nascere dall’alto per conoscere. Per passare dalla notte umana alla luce
di Dio, non basta progredire nel sapere, bisogna vivere una nuova nascita fatta
d’acqua e di Spirito. L’acqua, perché faccia vivere e diventi simbolo di vita e
di nascita, deve essere fecondata dallo Spirito, cioè
dal soffio di una realtà più alta. L’unione dell’acqua e dello spirito
simboleggia un profondo rinnovamento, una nuova nascita, una creazione. Gesù
dice anche che ciò che è nato dalla carne è carne e ciò
che è nato dallo Spirito è Spirito. Qui indica che l’uomo è nato dalla carne e
non può rinnegare il corpo di carne, ma deve anche nascere dallo Spirito per
realizzarsi pienamente. Così nascere dall’alto non è rifiutare la vita
sensibile, perché la vita dall’alto presuppone la vita
in basso, il nostro corpo fatto di desideri, di pulsioni, di passioni. Ma per nascere dall’alto occorre il soffio dello Spirito,
bisogna che penetri fino al più profondo delle radici del desiderio del nostro
corpo di carne per rinnovare l’uomo tutto intero. Nascere alla vita divina è
lasciarsi trasfigurare dallo Spirito. E Nicodemo pieno di desiderio di nascere
dall’alto, domandò a Gesù come si potesse produrre. A
quella domanda Gesù rispose: “ Nessun uomo è salito al cielo se non quello che ne è disceso, il Figlio dell’uomo”. Vediamo che, se nessuno
può elevarsi a Dio, Dio può scendere verso l’uomo.
Gesù rivela a Nicodemo il gran segreto della nuova nascita dell’uomo alla vita
divina, passando per la venuta nella sua carne. Gesù è il simbolo vivente di
quella manifestazione dello Spirito nel cuore dell’uomo,
di quella nuova nascita. Così la vita divina non è da cercarsi in un al di là
inaccessibile dove nessuno può andare; essa è nel cuore del mondo e dell'uomo ed è nell'istante che
è possibile nascere alla vita dello Spirito. Per questo bisogna aprirsi
interiormente a una realtà che ci oltrepassa e che ci
mette in movimento verso il nostro essere autentico. L’uomo che si apre a
questa realtà, che ha la fede in una realtà più alta, vede svelarsi il segreto
del suo essere e del senso della vita.
L’uomo deve dapprima interiorizzarsi, aprirsi
a se stesso, poi al desiderio di una trasformazione e di una conoscenza
interiore che lo portino ad una rinascita. Volgendo il
suo sguardo verso la vita interiore, penetra nelle acque profonde
dell’inconscio che possono dare la vita, se sono fecondate dallo Spirito, ma
che possono anche dare la morte se ci si perde. Infatti
il confronto con ciò che è sconosciuto, la traversata delle acque dell’inconscio
può essere pericolosa e può inghiottire la coscienza dell’individuo che può
essere accecato dalla luce o affascinato dalle tenebre.
c)
L’incontro con
la Samaritana.
Gesù, per andare dalla Giudea in Galilea,
attraversa la Samaria. E’ una regione intermedia tra quelle due terre. Per
gli Ebrei, è un luogo da evitare perché i Samaritani sono considerati poco
frequentabili, dissidenti e peggio dei pagani. Mentre i discepoli vanno in città a
comperare del cibo, Gesù si riposa, vicino ad un pozzo. Arriva una donna e lui le domanda di dargli da bere. La donna è molto stupita per
la domanda e esclama: “Come! Tu sei Ebreo e mi domandi da bere, a me che sono una donna samaritana!”.
Quell’incontro tra un uomo e una donna appartenenti a due popoli che si
detestano e che sembrano opposti, illustra in modo simbolico gli estremi, i
conflitti all’interno dell’anima umana. Mostra anche la nostra identificazione a una cultura, a un paese, portando ad opinioni che
giudicano gli altri, ritenendoli diversi e a volte inferiori a noi. Camminando
verso la luce, l’uomo si confronta con il proprio inconscio. Dopo le luci della
mente al momento della rinascita, l’uomo deve confrontarsi anche con le sue
passioni più vive, con tutto ciò che lo divide, lo
frammenta e lo fa soffrire. Vediamo che per fare quell’incontro con le sue
passioni, i suoi condizionamenti più profondi, Gesù
deve andare in una regione intermedia e non amata dagli uomini del suo popolo.
Quella regione è l’inconscio nel cui seno l’uomo deve guardare e confrontarsi
con ciò che non ama in lui o a ciò che non conosce di se stesso. E’ un incontro
con zone d’ombra che non si vogliono vedere perché giudicate cattive. Per
aprire questa donna alla conoscenza interiore, Gesù le dice: “Chi beve di
questa acqua del pozzo avrà sete di nuovo; ma chi berrà dell’acqua che gli darò
non avrà mai più sete; l’acqua che gli darò diventerà in lui sorgente d’acqua
che sgorga in
vita eterna”. Essa gli parla allora della sua vita segreta, dei suoi amori tormentati e instabili, delle sue sconfitte. Gesù
tenta di insegnare alla Samaritana che le passioni alle quali ci attacchiamo,
ci trascinano nell’incatenamento della ripetizione e che al
di là della facciata di noi che mostriamo al mondo, si nascondono grandi
ferite che si tenta di dissimulare e che sono la prova di una ricerca interiore
inconscia di assoluto, che nessuna relazione umana può colmare. L’incontro di
Gesù con la samaritana illustra l’incontro con l’anima, cioè
l’opposto completo di ciò che presenta al mondo: egli è un uomo autentico di un
grande rigore, di una grande conoscenza, un insegnante che possiede la luce;
lei è ignorante e incurante, conduce una vita dissoluta, e quello presenta le
due facce di una stessa realtà umana. Infatti ogni
uomo è fatto di luce ed ombra. Egli prova a dirle che continuamente
riproduciamo gli stessi errori con le nostre passioni per tentare di assopirle
e che quello ci dilania e ci ferisce, senza mai calmare pienamente la nostra
sete d’assoluto. Così l’acqua del pozzo che non toglie mai la sete è il simbolo
del nostro tentativo passionale per trovare l’assoluto e del nostro errore.
Propone un’acqua eterna
che soddisfa l’interno di noi stessi. Tuttavia, per giungere a
quella sorgente che sgorga nel più profondo di noi stessi, bisogna risvegliare
un altro tipo di desiderio: il desiderio che ci
condurrà verso un cambiamento di cammino, permettendoci di comprendere i nostri
funzionamenti sbagliati, di continuo ricominciati e di oltrepassarli con una
conoscenza profonda di noi stessi. Gesù dice: “Credimi, donna, arriva l’ora in
cui né su questa montagna né a Gerusalemme adorerete il Padre… I veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e in verità. Perché questi sono gli adoratori che il Padre cerca. Dio è
spirito e quelli che l’adorano devono adorarlo in
spirito e verità”. Quello che cerca di spiegare qui, è che se arriviamo a
superare le nostre passioni e a risvegliare il nostro desiderio profondo di
conoscenza di sé, accettando di sottometterci ad una realtà più alta, che ci
oltrepassa, il nostro cuore si aprirà alla conoscenza e alla verità dell’amore
universale, della nostra appartenenza al tutto, al mondo, al
di là di tutte le credenze, di tutte le frammentazioni e di tutti i
pregiudizi. “L’adorazione in Spirito e in verità che si eleva al di sopra di tutti i particolarismi, di tutte le barriere
erette dalla storia e che si rifiuta di rinchiudere Dio in un dogma, quella
adorazione è una cima in cui l’uomo scopre che la sua vera patria è lo Spirito.
Questa cima non è da cercare qui o là. La collina ispirata, il luogo dove
soffia lo Spirito è nel cuore stesso dell’uomo”(Eloi Leclerc). Ci occorre
dunque oltrepassare i condizionamenti, bisogna essere dissidenti, camminare
soli e non senza conflitti, per scoprire, nascoste nel nostro cuore, la luce e
la conoscenza dell’amore che apre alla conoscenza
universale. Il cuore dell’uomo si apre, l’uomo si apre
all’amore e comprende… Dopo aver oltrepassato i suoi conflitti passionali, le
sue nevrosi, i suoi condizionamenti, comincia ad accedere al senso della sua esistenza
e della sua missione sulla terra: trasmettere agli altri il cammino della vita,
dell’amore e di quella coscienza universale.
d) Il
senso della vita è una missione da compiere, ma bisogna aprire gli occhi
davanti alle proprie tenebre profonde.
Gesù incontra la folla che viene a lui e dice: “Voi mi
cercate, non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato del pane e
siete stati sfamati. Lavorate non per il cibo che si perde, ma per il cibo che
è nella vita eterna, quella che vi darà il Figlio dell’uomo, perché è lui che
Dio, il Padre, ha marcato con il suo sigillo”. Qui Gesù diventa un educatore,
un maestro che accompagna e guida. Gli uomini vengono verso di lui perché
sentono che li può aiutare a trovare ciò che cercano: la felicità, la libertà,
l’amore. Vengono perché Gesù irradia questa felicità, questa libertà, questo amore, che dona loro. Può donarlo, guidare perché lui
stesso ha seguito il cammino della conoscenza e conosce le prove, i pericoli
della traversata. Allora tenta di fare comprendere che il desiderio di una vita
ben sviluppata non deve fermarsi alla nostra soddisfazione materiale,
pulsionale, perché quel tipo di soddisfazione è effimera. Perché
l’uomo progredisca verso una forza di luce interiore che lo guidi verso la pienezza
della vita attraverso l’amore incondizionato, deve camminare verso un desiderio
più elevato. “C’è nell’essere umano un dinamismo, uno slancio incommensurabile,
una capacità di accogliere infinita, che si traducono in una sete e una voglia
di vivere, che niente di finito può pacificare, che fanno dell’uomo un essere
tormentato, fino a che l’opera di Dio non sia compiuta”(E. Leclerc). Il senso
della vita umana è il desiderio di superarla, di trascendere i limiti della sua
coscienza personale per accedere ad una coscienza più alta, che permetta di entrare in contatto con ciò che si chiama Dio.
Per questo possiede una forza interiore che deve liberare dalle illusioni e
dalle credenze, aprendosi a se stesso.
e) Comprendere che si deve sacrificare l’ego.
Il vangelo di Giovanni sembra riunire queste
due parti dell’uomo: il corpo e lo Spirito con l’intermediazione dell’anima
(psiche), poiché il verbo si è fatto carne. A quel livello del suo cammino,
l’uomo deve abbandonarsi completamente alla fede, lasciarsi guidare da lei,
prepararsi a morire simbolicamente, per riunire tutti gli opposti in se stesso
e rinascere pienamente alla vita. Deve, come Gesù, poter dire agli uomini: “Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita
eterna”. Bisogna essere capaci di darsi totalmente, dare la propria carne e il
proprio sangue, morire, per aprirsi a una vita che
accetta la rinuncia, il distacco, il dono di sé e che nella morte si fa
possibilità di resurrezione. “Ciò che Gesù offre agli uomini è veramente la pienezza
della vita. Una pienezza in cui le forze oscure della passione e del desiderio
trovano il cammino verso la luce dello Spirito, in cui chi si dà per intero è
donato a se stesso” ( Eloi Leclerc).L’uomo deve abbandonarsi totalmente alla
forza dall’alto; allora il suo cuore può aprirsi e comprendere il senso della
sua missione sulla terra.
L’uomo si trova davanti a
una scelta: accettare la luce o rifiutarla, abbandonarsi completamente a lei o
no, sapendo che quell’abbandono esige un sacrificio, una messa a morte
dell’ego, di ciò che chiama “io”. Il solo mezzo di portare la luce nel profondo
delle nostre radici carnali più arcaiche e istintive è aprire gli occhi e
guardare senza paura, con una fiducia totale nello Spirito che ci guida.
L’incontro di Gesù col cieco illustra simbolicamente quella apertura
degli occhi su ciò che non vogliamo vedere: l’orrore umano, le tenebre di tutta
l’umanità, poi la comprensione che la luce può dissolvere le tenebre.
f)
il sacrificio dell’ego.
Nel mito del Cristo, il simbolismo della croce illustra
l’unificazione dei contrari. Nel cammino verso la conoscenza di sé, c’è tutto
un lavoro di riconoscimento e d’accettazione degli estremi dell’essere umano,
che portano alla riunificazione degli opposti. Così
Gesù sulla croce è il simbolo vivente di chi soffre in un cammino verso la
piena realizzazione del suo essere al mondo. E’ posto
al centro della croce, perché è al centro che si trova
l’equilibrio della riunificazione. La morte e il sacrificio hanno un significati semplice: il processo interiore di apertura
esige la morte dell’ego, cioè il cessare l’ identificazione con il nostre Io,
per la totalità dell’essere: corpo/anima/spirito. L’uomo deve sacrificare ciò
che crede d’essere per accedere all’equilibrio e alla
conoscenza. Troviamo questo in tutte le tradizioni spirituali: buddismo,
induismo, sciamanesimo, ecc…. Così Gesù che agonizza sulla croce è il simbolo
delle sofferenze che l’uomo deve accettare per giungere alla morte dell’ego e
alla spiritualità che significa la fine della dualità, che le religioni
orientali chiamano Sé e il cristianesimo Dio. Fare esperienza di Dio è
trascendere l’ego e morire a se stessi e questa morte non può farsi senza che
il cuore non versi lacrime e sangue.
g)
La resurrezione.
Il compimento.
A partire da quell’archetipo, che è l’illustrazione
simbolica del processo di realizzazione di Sé, processo di apertura
della propria coscienza personale alla coscienza universale, possiamo anche
dare una spiegazione alla resurrezione descritta da Giovanni, il ritorno alla
vita di Lazzaro. La resurrezione in un corpo di carne, simile al nostro di viventi, sarebbe la
morte/resurrezione di cui facciamo esperienza quando viviamo la trasformazione
interiore. Quando abbiamo esplorato il nostro
inconscio e siamo andati molto lontano sul cammino della croce, e accettiamo il
sacrificio del Me, allora moriamo simbolicamente dopo una lunga agonia, e,
quando la riunificazione dei contrari si produce in noi stessi, allora
rinasciamo trasformati e trascendiamo l’esperienza della dualità e della
totalità. Siamo sempre gli stessi con lo stesso corpo fisico, ma nello stesso tempo non siamo più gli stessi: è nata un’altra
persona. In India le persone che fanno quella esperienza
spirituale si chiamano “i nati due volte”. In quella rinascita, che esige la
morte dell’ego, l’uomo fa esperienza di Dio nel senso della coscienza cosmica.
Scopre interiormente che non è l’essere isolato e diviso, ma che è la totalità
del mondo: per riprendere le parole di Krishnamurti, diventa il mondo e il mondo è lui senza separazione. Quella esperienza
dà una tale fede nella vita che sa ormai che è immortale perché la sua anima è
unita al tutto cosmico al quale appartiene e al quale ritornerà alla morte
fisica. Così la resurrezione di cui parlano i cristiani non è qualcosa che occorra aspettare, ma è qualcosa da realizzare nella vita,
come lo stesso Gesù ha fatto. Poco importa sapere se l’uomo Gesù è morto o no
sulla croce, perché molti testi apocrifi dicono di no; quello che importa è
l’insegnamento di quel mito, che tenta di dirci dopo due millenni, e che la
Chiesa ha spesso interpretato in modo diverso, forse per ignoranza, o
semplicemente perché educare gli uomini a quella trascendenza li aprirebbe a una vita nuova: liberi e meno manovrabili.
Dopo la morte simbolica, l’uomo è compiuto, realizzato,
considerato inviato da Dio. La sua
missione è educare gli altri e trasmettere loro la sua esperienza interiore. Resta però un uomo come gli altri, la cui personalità non si
è dissolta nella coscienza cosmica, e che continua a vivere tra gli uomini.