Ma Anandamayi
Una vita di risveglio
3ème
Millénaire n. 53 – Traduzione dr.ssa Luciana Scalabrini
Ma Anandamayi
fu e rimane una luce nel cielo della ricerca spirituale. Era famosa per la sua
luminosità, la felicità che emanava da lei, la sua compassione senza limiti, la
sua estrema universalità. Immense folle accorsero per
raccogliere una scintilla della sua presenza che risvegliava all’aspetto
incondizionato dell’essere:
“E’ detto:
non c’è che l’uno senza secondo. Nel Sé non può esserci secondo. La nozione di
due non appare anche nelle operazioni mentali. In realtà senza piedi cammina,
senza occhi vede.”
Nacque nel
Bengala orientale nel 1896, fu sposata prima di compiere 13 anni, ma restò a
vivere coi genitori fino a 18 anni, età in cui
raggiunse il marito, che diventò il suo più fedele discepolo. Milioni d’Indiani
e migliaia di stranieri
vennero a vederla; passò la maggior parte della vita in pellegrinaggio continuo
in tutta l’India. Nel 1982 lasciò il suo corpo.
Ma invita sempre l’uomo all’Essenziale: “Lo sforzo di
svegliarsi alla propria natura reale è il dovere dell’uomo in quanto essere
umano”; “la parola umanus dà la chiave di ciò
che un uomo dovrebbe essere realmente: un uomo risvegliato alla coscienza di sé. Anche se è caduto non è suo dovere rialzarsi e raddrizzarsi
ancora? Se non si sveglia alla coscienza del suo sé,
cosa ha compiuto? Non ha fatto che mancare alla sua vita. Quante vite sono
mancate così, generazioni dopo generazioni! Trovate
chi siete!”
Gli ostacoli sul cammino della ricerca spirituale, sono derivati dal sonno diurno dell’uomo non risvegliato alla sua irrealtà: “ciò che è percepito in questo mondo, è della natura del sogno, simile a ciò che si vede in sogno”, nato dall’ignoranza e dalla dimenticanza di se stessi erano messe in luce: “la vita del mondo è senza alcun dubbio un campo di battaglia”; “Nascita umana, questo non significa fare necessariamente l’esperienza del desiderio, della passione, del dolore, della sofferenza, della vecchiaia, della malattia, della felicità e così via… è il velo dell’ignoranza, che è causa d’agonia e di malessere”.
Se la ricerca di Verità è lo scopo
supremo, i cammini d’accesso al senza-accesso sono innumerevoli. Ma Anamandayi
evitando le centinaia di ostacoli e difficoltà non si
faceva difensore di nessun metodo pedagogico particolare e riconosceva a tutte
le vie a finalità spirituale un’essenziale utilità: “Come si può imporre un
limite all’Infinito dichiarando: questa è la sola via… Perché tante sette e
religioni? Per il fatto che attraverso ciascuna Egli
si dà Lui stesso a Lui stesso, in modo che ciascuno possa avanzare secondo la
sua propria natura”. “Molti cammini portano alla verità, ma la Verità stessa è una e non conosce distinzioni. Secondo le
proprie distinzioni e il proprio temperamento, l’uomo
adotta il cammino che gli conviene di più”.
Il suo
insegnamento si adattava all’interlocutore: “Quel corpo risponde precisamente
nella tonalità dove si pone la questione. Di conseguenza, quale può essere la
sua opinione? Una data direzione permette di raggiungere un dato obbiettivo.
Tutto il resto è fuori scopo.
Ma quando
cessa la distinzione tra ciò che ci si aspetta e ciò che è fuori
dall’attesa, Quello si rivela”.
“Non
potrete intraprendere il pellegrinaggio verso l’Immortalità senza questa specie di virilità che occorre risvegliare.
Quell’addormentamento
della vita meccanica, dove l’addormentamento
lascia aperte le porte a tutte le
manifestazioni negative dell’ego, dove l’uomo, prigioniero delle sue
identificazioni e attaccamento al mondo materiale è sballottato qua e là dalle
sue emozioni: “In questo mondo dove si va e viene senza fine, nessuno
appartiene a nessuno, e però richiedete sempre”; “le attività del mondo
procurano una felicità temporanea accompagnata da un dolore continuo. Diventate
un pellegrino sul cammino della realizzazione del sé!”.
Che significa entrare nel proprio
Essere? Realizzare ciò che è: l’Uno risplendente in Sé, tutto penetrante,
presente in tutte le forme, tutti gli stati di spirito e tutti i modi di esistenza. Là, la parola non ha posto. Perché
chi può descrivere in una lingua qualunque la Forma Essenziale o il
Senza-Forma? Lui e solo Lui è”.