Michel Joseph
L’immagine vivente
nel cuore dell’uomo
3ème Millénaire n. 88 – Traduzione della dr.ssa Luciana
Scalabrini [205]
3m. Il termine
“immaginazione” è estremamente confuso sia per i
ricercatori di scienze cognitive che per ognuno di noi, per cui si tratta di
una facoltà tanto estranea che essenziale alla nostra vita interiore. Come
affrontare il senso vero di quest’importante funzione che è l’immaginazione
creativa?
M.J. L’immaginazione sorge quando il finito, cioè
il punto, e l’infinito, la sfera, si incontrano; l’immagine è all’interfaccia
di queste due dimensioni, o polarità. E per
rappresentarsi queste due polarità, quella del punto e quella della sfera,
bisogna comprendere che la geometria euclidea si è sviluppata a partire dalla
testa. Non è che nel 18° e 19° secolo che sono apparse
altre geometrie come quella di Hilbert della pseudo sfera, o ancora quella
della geometria proiettiva, che rende visibile l’infinito nello spazio
geometrico.
La polarità del punto e della sfera esiste nell’uomo. Il
polo euclideo, il punto, ha la sua sede principalmente nella testa, vale a dire
nel pensiero razionale come si è sviluppato per tutto un periodo per arrivare a
maturità circa duemila anni fa. L’altro polo è quello del metabolismo, in altre
parole della parte motoria, digestiva, riproduttiva, che vive in modo più
inconscio in ciascuno di noi. L’immagine, o la capacità di creare immagini, che
possiamo chiamare immaginazione creativa, nasce quando i due poli si
incontrano.
3m. L’immaginazione
creativa è talmente inconoscibile che abbiamo l’impressione che quell’incontro
non possa non porre dei problemi. Quali sono gli ostacoli e come si può effettuare?
M.J. Tutto succede come se vivessimo in una parte
piccolissima del nostro organismo, cioè la testa. Infatti,
ignoriamo ciò che accade nei piedi quando camminiamo, quando mettiamo un piede
davanti all’altro, essendo tutto condotto da un certo istinto che ci permette
di evitare gli ostacoli, ecc. A livello di metabolismo c’è una motricità, ma
anche una percezione inconscia. Invece, portare un’idea fino alla conclusione,
ragionare o prospettare previsioni, sono attività intellettuali e analitiche
per le quali è necessaria la coscienza. Ma tra i due
poli l’immagine non è ancora presente; essa si crea al loro incontro. Se oggi si dice che siamo in una civiltà dell’immagine, è
perché c’è un enorme bisogno d’immagini; e non solo nei bambini, ma anche negli
adulti.
Quel bisogno corrisponde ad uno stato di mancanza, perché il
tipo di educazione più frequente passa essenzialmente
per la testa; a volte per la testa e le membra, cioè per il sistema nervoso e
il sistema del metabolismo e degli organi.
Il sistema mediatore, quello che unisce la testa agli organi
non è per niente integrato.
Il sistema mediano possiede anch’esso la sua autonomia in
rapporto agli altri due, perché vive secondo una dinamica
tutta diversa: unisce l’alto e il basso secondo dei ritmi; è un polo ritmico.
Ciò che vive nel ritmo è la respirazione e i battiti del cuore che danno
un’attività costante di contrazione e di dilatazione o espansione. E’ questo aspetto che è così rigenerante in noi.
E
bisogna capire bene che le immagini sono legate a quel polo ritmico.
Contrariamente a quello che potremmo credere, le immagini
pubblicitarie non sono indirizzate alla testa, e lo sanno bene i pubblicitari
il cui intento è di far passare le immagini nell’inconscio perché possano agire
meglio.
Ora, è questo inconscio che si può
chiamare il polo dell’oblio o del metabolismo. E si è potuto verificare che una
volta che l’immagine è scesa nel metabolismo, si prova per esempio il desiderio
di mangiare un dolce senza che nessuna operazione
mentale l’abbia potuto prevedere.
3m. Questo processo
avviene per la mancanza del polo mediano?
M.J. Certamente! Tanto che, senza che nemmeno si
sia toccati, l’immagine passa direttamente dalla testa all’inconscio
metabolico. Generalmente rimaniamo nell’ignoranza di essere costituiti da tre
livelli successivi con una continua metamorfosi tra i due poli estremi, perché questi
si controbilanciano nella parte ritmica.
3m. Si potrebbe, a
partire da lì, approfondire quello che intendiamo per immaginazione creativa? Perché oggi manca tanto quella funzione e come può essere
favorito il suo sviluppo?
M.J. Quando parliamo di rendere attiva
l’immaginazione creativa, non si tratta di immettere immagini che vengono
dall’esterno, ma di creare immagini che vengono da noi stessi. Rudolf Steiner
ci dice che l’uomo è limitato dal suo intelletto, ma che la sua conoscenza non
è limitata all’intelletto. Essa può allargarsi in modo rigoroso sviluppando il
potere immaginativo o più precisamente la conoscenza immaginativa.
In un primo tempo potremmo dire che avviene passando da una
conoscenza la cui sede è nel cervello a un tipo di
conoscenza tra la testa e il cuore, purchè da questo nuovo centro troviamo il
legame tra la coscienza della testa e quello che è caduto nel metabolismo o
l’oblio. Se per esempio meditiamo su un certo oggetto, creiamo un’immagine
interiore, poi in una seconda fase osserviamo ciò che succede nel processo
stesso di costruzione dell’immagine, con tutta la passione e la volontà che ci
mettiamo, fino al momento in cui percepiamo quella immagine,
creata in sé, non dalla testa ma dal cuore; la percepiamo dall’esterno di noi,
cioè da una sfera immensa che ha il suo centro nell’essere.
E proviamo quella famosa esperienza nella
quale sentiamo che qualcosa pensa in noi: questo pensa in me, e questo pensare
è della stessa natura dell’attività universale che è attorno a me. Il pensiero
allora è diventato attività pura: è il pensiero; qui la volontà è in seno al
pensiero. La troviamo al livello del
cuore o del centro dell’essere. Non si tratta più dei sentimenti nel senso
corrente del termine, ma del “sentire”.
Questa percezione immaginativa che si traduce in colori, in
forme, in suoni, in profumi, in tutte le sensazioni possibili, ci dà
un’immagine autentica. La vera immagine è un’immagine creativa. Consiste nel
poter investire un oggetto da ogni parte in una sola volta e in tutte le
dimensioni. Perché potremmo parlare d’immagini sonore,
d’immagini in movimento, olfattive ecc. Ogni rappresentazione è immagine e le
rappresentazioni utilizzano i messaggi dei sensi. Infatti
tutti i nostri sensi possono interiormente costruire un’immagine.
Tutta la civiltà, tutta l’umanità ha una grandissima
nostalgia di questa attività immaginativa. Tuttavia,
non avendo i concetti della scienza che permettano di arrivarci, ci si contenta
dei surrogati che sono le immagini artificiali dei film, della pubblicità, di internet e di tutte le sensazioni ottenute al di fuori
della realtà.
E’ soprattutto il male dei giovani di non avere che la
televisione, il computer, ecc., per soddisfare la loro
fame, finchè a scuola ricevono solo un insegnamento basato sul pensiero
intellettuale o dello sport.
L’attività mediatrice e ritmica, che è più importante per la
vita immaginativa, è la meno coltivata. Qui potremmo riprendere lo slogan del
68 “l’immaginazione al potere”. Bisogna che le immagini reali prendano il posto
delle false immagini, se no è il vuoto del centro ed è
la morte dell’uomo.
3m. Cosa suggerireste all’adulto
che vuole aiutare il bambino a non perdere quel legame interiore con
l’immaginazione?
M.J. La tendenza di massa tende a mettere il
bambino davanti a un video o a un cartone animato che non offre nessun
carattere immaginativo reale. La tendenza un po’ più elevata consiste nel
prendere un libro di fiabe e di raccontargliele. Ma per nutrire veramente
l’anima del bambino e incontrare quell’essere
potenziale e in divenire che è, bisognerebbe che il narratore si tuffasse prima
nella storia che intende raccontare per formare in se stesso le immagini
interiori piene di vita del racconto.
Inoltre, bisognerebbe presentare il racconto senza supporti,
senza libro e senza immagini esterne e creare a partire dalle impressioni che
hanno impregnato la sua anima durante la preparazione. Solo a queste condizioni
il narratore può trasmettere la storia in maniera immaginativa. Gli occorre
coltivare l’ascolto interiore meditativo, il senso del vero e la mobilità
interna.
3m. Mi sembra
importante precisare cosa intendiamo per pensiero vivo e immagine. Nel ciclo di
conferenze intitolate “Pensiero umano, Pensiero comico” Rudolf Steiner propone
l’esperienza interiore che permette di accedere
all’idea pura del triangolo, rappresentandosi un triangolo i cui tre angoli si
aprono poi si chiudono sempre di più. Dopo quest’esperienza e constatando la nostra abitudine mentale a pensare alla
rappresentazione del triangolo, possiamo realizzare in un istante l’idea pura
di un triangolo.
L’altro esempio c’è dato dall’idea della “pianta
primordiale” proposta da Goethe. Non si tratta di una pianta
particolare; è essenzialmente foglia, ma anche radice fiori e semi; è intera o
in parte in ogni pianta particolare.
La pianta primordiale non si può rappresentare come una
semplice immagine, che è allora una pianta particolare e no non quella della
Pianta madre evocata da Goethe. Bisognerebbe distinguere rigorosamente
l’immagine vivente dall’immagine ordinaria.
M.J. E’ bene affrontare questo argomento, perché
lì c’è un punto fondamentale. Quando parliamo d’immagine, abbiamo tendenza a vedere
un’immagine spaziale a due dimensioni, più raramente a tre dimensioni. Nella Immaginazione si tratta di un’immagine almeno a quattro
dimensioni, anche a cinque o seu. Per evocare una
quinta dimensione dell’immagine, direi che bisogna ritirare l’immagine perché è
lei che diventa organo di percezione. L’immagine che ho creato deve essere
distrutta, bisogna passare per uno stato di vuoto che Steiner chiama l’ispirazione.
Ma affrontiamo soprattutto la quarta dimensione
dell’immagine che chiamiamo il tempo: le immagini
immaginative come quelle della pianta primordiale sono immagini temporali.
Quando vedo simultaneamente la pianta in quanto seme,
foglia, fiori o polline, la vedo attraverso stadi temporali differenti e
l’immagine della pianta oltrepassa la spazialità per abbracciare la dimensione
del tempo. Ugualmente, quando conosco una persona, la vedo nello spazio e nel
tempo: so che a una certa età si trova implicata in
una situazione particolare che ha contato molto nella sua vita. Si tratta di
una visione in profondità e nella dimensione del tempo, è una vera
immaginazione.
3m. C’è una
differenza tra il pensiero immaginativo e il pensiero simbolico, quello della
massoneria, per esempio?
M.J. Con il pensiero simbolico c’è il
rischio di un intellettualismo, cioè di
una astrazione. Ogni simbolo infatti è un’astrazione e
la questione è di sapere se il simbolo si eleva verso una realtà immaginativa o
se si attacca a un sistema di codici rappresentativi posti
nell’intellettualismo. D’altra parte è frequente ciò che è stato rimproverato
ai simbolisti, essendo la sola conoscenza del codice che permette di entrare
nei loro ragionamenti.
Tuttavia, nel Medioevo o nell’Antichità i simboli furono
delle vere realtà spirituali, e questo fino a che le immagini non persero la
loro anima.
Lo svuotamento della realtà spirituale contenuta nelle
immagini è un processo che si trova dappertutto. Si tratta dunque di ridare
l’anima alle immagini. Bisogna che il fortissimo riferimento
spirituale della simbologia massone sia
sperimentata col cuore perché sa presente la dimensione dell’anima.
3m. Occorre un
lavoro di immaginazione per cominciare un lavoro di
conoscenza di sé che chiamate lavoro biografico?
M.J. Il lavoro d’immaginazione si applica ad ogni
cosa. Si tratta di reinvestire l’anima, di ritrovare l’essere dove si è perduto
di vista. La nostra vita è in generale costituita da astrazioni; sappiamo che
abbiamo vissuto un certo numero d’anni, che siamo
passati per diverse tappe, ma, se non ripercorriamo la nostra vita con immagini
concrete, se non facciamo un lavoro biografico, passiamo a lato di qualcosa di
essenziale perché ogni età possiede la sua dignità e il suo valore.
Se, alla fine della vita, abbiamo dimenticato ciò che eravamo da più giovani, abbiamo mancato la nostra vita.
Come se, dopo aver seminato, non ci fossimo curati di
seguire le piantine. Ora, tutti i giorni seminiamo quel terreno con le nostre
azioni, ma non ci curiamo di come cresce il campo.
Quando ritroviamo un amico, dopo aver parlato delle cose del passato dimenticate, si chiariscono cose personali;
allora scopro che ciò che è stato piantato all’epoca chiarisce ciò che vivo
attualmente, per darmi nuovi punti di vista e una nuova forza per la vita.
Bisognerebbe avere quella energia e quella coscienza
per seguire passo dopo passo i semi piantati ogni giorno.
Per esempio, un buon esercizio che indico è quello di visualizzare ogni sera prima di
addormentarsi, la giornata, non come un
film, ma come un paesaggio. Così in due minuti ripercorro gli avvenimenti più
recenti davanti a me, in secondo piano quelli della mezza giornata e
all’orizzonte quelli del mattino.
In questa esperienza il tempo
diventa spazio.
Posso guardare più da vicino un tipo che mi è parso strano,
o un animale o un albero. Forse vedo cose che non ho osservato. Scopro il
tesoro della giornata, e mi accorgo che
passiamo di continuo a lato del meraviglioso, che vuole essere guardato, quello
che Goethe chiama “i misteri manifesti”. Allora una semplice pianta che si vede
tutti i giorni nasconde un profondo mistero, un insegnamento misterioso, nel
senso antico della parola, iniziatico.
Infatti, con una parola, un gesto, una persona senza volerlo può
rivelarci un mistero iniziatico, quando la guardiamo nel paesaggio globale
della giornata.
A partire da questo lavoro nutriamo la parte mediana dell’essere. Questa attività immaginativa
crea legami che sembrano eterogenei ,pur avendo una certa affinità e complementarità.