3ème Millénaire n..83 – Traduzione
della dr.ssa Luciana Scalabrini
3M. Il mio stato
mentale ordinario assomiglia a quello di una macchina folle, presa tra pensieri
e desideri contraddittori e tensioni corporee che pompano energia. Questa
sembra dissiparsi per il mio disfunzionamento mentale, che sento
ancorarsi sempre più profondamente nella mia vita. E’ come se un velo sempre
più spesso coprisse la realtà, come se fossi assorbito da un sonno diurno. Che fare per uscire da quel sonno?
P.N.N. Che siate
cosciente che succede questo, è il primo e più importante passo per
risvegliarsi. Per risvegliarsi si deve avere un riconoscimento che siamo
addormentati. Allora, dobbiamo osservare quando agiamo, nel momento dell’azione,
nelle nostre difese, nel nostro condizionamento e nelle nostre memorie. Gli
ostacoli sono mantenuti attraverso una relazione coi
sensi mal compresa e per una cattiva comprensione di noi stessi come un’entità
fissa nello spazio a cui tutto si rapporta. Ma è così?
Questo deve essere visto. Le Yogini hanno scoperto
delle tecnologie che rivelano la vera natura dello spazio, decostruendo i condizionamenti del
corpo-mente, perché la realtà senza ornamenti di quello che siamo sia
naturalmente espressa.
3M. Il sonno di cui
prima parlavo è intessuto del rifiuto inconscio delle mie emozioni. Per
esempio, un rimprovero che mi viene fatto crea in me
un’irritazione, subito ricacciata, al punto da negarla. Come
è possibile accogliere la mia negatività? Reprimere quelle forme di energia giudicate negative, non è anche rifiutare
l’energia suprema?
P.N.N. E’ nella
tradizione delle Yogini dello Shivaismo
Kashmiriano che le emozioni siano vissute come Dee,
come mezzo per comprendere che la loro natura essenziale è lo spazio. Noi
reprimiamo le emozioni, perché sentiamo che la loro intensità è troppo forte da
sopportare. Ma se ogni emozione fosse una magnifica Dea, che cerca di
comunicare con noi attraverso lo spazio,
invece di legarci alle nostre paure, proiezioni e concetti? Nell’esempio di
sentire qualcosa che irrita, quella irritazione vuol
dire che avete un’idea di quello che pensate che dovrebbe prodursi e la vita
interferisce con questo. La contrarietà sorge, come sempre, per non toccare la
realtà che è e creare una realtà che sentiamo dover
essere. Noi negoziamo abitualmente come ci sentiremo,
particolarmente attraverso delle emozioni. Pensiamo abitualmente in
quella negoziazione, e
ci creiamo una strategia invece di sentire la consistenza e la tonalità
dell’emozione. Siamo condizionati a pensare che non possiamo maneggiare la
sensazione dell’emozione.
Dovremmo indagare a fondo su questo, e vedere se è vero. Potremmo scoprire che
le emozioni vengono dallo spazio, comunicano e
informano quello spazio e ritornano a quello spazio. Se
rifiutiamo ciò che è, rifiutiamo il flusso dell’esistenza, la fluidità della
mente e tutto il campo d’essere che vive.
3M. Attraverso una
via di conoscenza di sé, è possibile svegliarsi dal sonno diurno. E’ una
rinascita psichica che si manifesta su di un piano energetico. E’ giusto
parlare, sperimentalmente, di molti livelli di energia?
Come vede lo Shivaismo del Kashmir la questione della
rinascita, in questa vita, nell’istante stesso?
P.N.N. Finché la mente è reattiva anziché
ricettiva, saremo sempre addormentati. Funzioneremo a partire dalle nostre memorie, dal
condizionamento piuttosto che dalla totalità del flusso della coscienza stessa.
Rinascere al presente è uno stato psico-fisiologico
che rivoluziona il corpo-mente dando un’abbondanza adamantina, che porta
graziosamente la saggezza all’azione. E’ quello che i grandi saggi sapevano e
che noi possiamo sapere non come teoria o parole
astratte, ma semplicemente in ogni istante. Le tappe di questa possibilità sono
la tecnica o la sadhana nello Shivaismo Kashmiriano.
E’ nell’istante presente che le cose non sono conosciute.
Qui c’è la possibilità di essere
nuovi e freschi nella nostra vista, nel
nostro ascolto e naturalmente nella nostra risposta. L’io che noi siamo non è
statico, a meno che non sia attaccato al passato.
La rinascita allora non solo è possibile,
ma inevitabile in ogni istante in cui l’io è libero dalle sue memorie e
proiezioni.
3M. Sembra che
subiamo i nostri desideri, ma che non li sperimentiamo realmente. Non li
lasciamo dispiegarsi nella coscienza ed è la ragione per la quale restano allo
stato di germe. Questo vuol dire che siamo schiavi dei nostri desideri e non
gli intimi osservatori? Esiste una via per non essere più schiavi dei nostri
desideri?
P.N.N. Noi non sperimentiamo i nostri desideri, ma
sperimentiamo l’oggetto dei nostri desideri, esperienza nella quale entriamo in
una dinamica di paura di perdere; ci proteggiamo dalla
perdita e difendiamo il territorio dell’oggetto. Non sperimentiamo l’insieme
dello spettro della tonalità del desiderio, vera
esperienza sensoriale e sensuale. Invece di quello, ci frammentiamo attraverso
la percezione percettiva tra soggetto e oggetto e scegliamo l’oggetto, che
diventa una strategia di perdita e di guadagno e, nel migliore dei casi, una esperienza intellettuale. Agitiamo i pensieri e i
ricordi del nostro desiderio, invece di diventare al 100% il desiderio; allora risulterebbe che c’è una reciprocità dello spazio di
desiderarci. Facendo delle cose degli oggetti di consumo, noi neghiamo la relazionalità dello spazio nel quale oscilliamo sempre tra
vuoto e forma, Shiva e Shakti, desiderio e colui che
desidera.