L’
“ossessione-scopo”:
la
tremenda malattia da cui tutti cercano di guarire
Prabha Calderon, nata in Messico nel 1948, è discepola di Stephen
Wolinski, discepolo di Nisargadatta Maharaj.
Insegna in Francia la non-dualità , al centro della sua pratica che porta a
scoprire lo stato naturale senza definizione di sé. E’ fondatrice della “Scuola
de l’Autoquestionnement” ad Amsterdam.
Quando avete deciso che siete toccati dal “vuoto”, siete sicuri che un
atroce “ossessione-scopo” vi è caduta addosso.
L’”ossessione-scopo” è di tutte le forme di malattia la peggiore che possiate contrarre. Si tratta della terribile e impressionante disperazione che affiora a volte dalla superficie della vostra coscienza quando vi sentite prigionieri della certezza “d’essere voi stessi”. Questa certezza vi ossessiona. Infatti quel “me stesso” è un nodo di sensazioni neuroendocrine interpretato con il più terribile dei concetti. “Me stesso” è la terribile rappresentazione d’essere separato… seguito da migliaia di conclusioni che si succedono le une dopo le altre come una cascata.
La rappresentazione concettuale di “voi
stessi” vi porta a una trance ipnotica. Infatti voi siete in trance, credendo
di essere un “me separato dall’universo”. La vostra certezza è di una realtà
assoluta: ma “Io” sono nato… e me “Io” morirò. E in più, sono solo… e in più
sono diverso… e in più non posso farci niente… Allora qual è il senso di una
vita così corta? Qual è il senso della “mia” vita? A partire da questa
questione, avete le vostre certezze e le
imponete agli altri. Avete concluso che il vostro “me separato” dovrebbe avere
uno scopo di grande importanza, mentre, come direbbe U.G. Krishnamurti, la vita del vostro “me” non ha più scopo di
quello della zanzara che vi punge.
Allora, con l’idea fissa “d’uno scopo”
cominciate la ricerca “del senso della vita” fuori di voi. Questa ricerca poco
a poco nutre il tumore della vostra “ossessione-scopo” e cercate di “diventare
qualcuno”. L’ “ossessione-scopo” è la terribile sensazione di essere separato
da tutto e da tutti. E’ la sensazione di solitudine che vi lacera gli intestini
fino al midollo della spina dorsale, e vi accompagna per il resto della vostra
vita fino alla “morte”.
Le conseguenze sono la mancanza di respiro
e la camminata come uno zombi, come uno che non esiste, che cerca a ogni costo
di dimostrare il suo valore o la sua esistenza trovando un senso alla vita.
L’”ossessione-scopo” è una “malattia
dell’anima” prodotta dai meccanismi di sopravvivenza del vostro sistema nervoso
prima dei 3 anni al massimo. Il paradosso è che l’”ossessione-scopo”in
apparenza si trova fuori di voi, mentre
è radicato nel vostro corpo. Questa “malattia” vi impedisce di sentire
un sentimento profondo di gioia o d’amore, o d’energia vitale, o semplicemente
di sentire che siete veramente vivi.
Inghiottiti dall’“ossessione-scopo”, senza
veri sentimenti, cercate di averne, dedicandovi completamente ancora e ancora
ad una cura radicale: la ricerca insaziabile.
I primi sintomi d’ossessione-scopo sono la noia, il dubbio, la profonda
insoddisfazione e la mancanza totale del senso dell’humor. E a tutto questo
date il nome di paura. Questi sintomi sono cronici e si rafforzano gli uni con
gli altri fino a diventare a volte atrocemente visibili. Vi sentite “vuoti” e
implicitamente vi domandate o esplicitamente domandate agli altri di riempirvi.
Allora diventerete qualcuno di importante agli occhi degli altri, o al
contrario la vittima degli altri. Ma rimane l’idea di “diventare qualcuno”.
Narciso e la sua ricerca
L’attività di ricerca può essere spiegata con la metafora di Narciso.
Narciso, affascinato dalla propria immagine, confuso e perduto in lei, Narciso
alla ricerca della propria immagine.
Narciso, che ha perduto il potere d’interiorità essenziale e di
coscienza, concentra la sua attenzione sul suo riflesso nell’acqua. Diviso tra
l’osservatore che vede e l’immagine osservata, sogna l’abbraccio di colui che
vede come il suo innamorato. Prova a tendere le braccia verso di lui, ma,
quando le sue dita toccano l’acqua, questa persona scompare. Si sente
disperatamente “vuoto”. Sentendosi a quel punto vuoto, Narciso sopravvive con
desideri impliciti artificiali, invece di sopravvivere con i bisogni naturali
di un essere umano. Crede che la sua sopravvivenza dipenda dall’azione di
provare a riempire il suo illusorio “bisogno non soddisfatto”. Ma non giunge
mai a sentirsi riempito. E’ tanto frustrato che usa strategie inconsce per consolarsi. Impiega molte energie per compensare
la sua frustrazione producendo un programma inconscio, e si crea “una
rappresentazione compensatrice di se-stesso”. Attribuisce significato e dà
senso a quella rappresentazione e ne assume il ruolo, facendo finta d’esserlo.
Narciso proietta senza posa la sua immagine sugli altri. Inconsciamente si
impegna ad attirare la loro attenzione positiva o negativa, investe tutta la
propria energia nel suo carattere, nel suo personaggio e nella sua visione
puerile del passato per restare ancorato alla sua costante frustrazione. Sente
rabbia e perfino odio perché non tra e abbastanza soddisfazione dal suo
programma inconscio. Benché viva in conformità delle idee che gli altri e la
società gli hanno imposto, fa finta di essere libero. E’ convinto d’essere padrone
dei suoi pensieri e, in più, di essere “i suoi pensieri”. Presume di avere
delle scelte, ignorando le sue motivazioni inconsce.
In cosa consiste la ricerca di Narciso? Qual è l’importanza della sua
ricerca? La sua attività di ricerca così stressante è basata sulle sue
definizioni infantili della sua realtà. Questa “realtà” consiste in risposte
automatiche del sistema nervoso, chiuso in una borchia che non rinvia che a se
stessa. La sua attività di ricerca è sempre condotta nei confronti dell’ “altro”.
E’ un’attività compulsiva che risale alla prima infanzia e si basa su
meccanismi primari di sopravvivenza. Questa ricerca lo porta ad evitare la
Coscienza senza contenuto, allo Stato Puro. Ogni essere umano ridotto alle
tendenze di regressione d’età vuole sopravvivere e vivere come l’immagine di
Narciso.
In generale, Narciso cerca lo status, la ricchezza, il potere politico
ed economico, il sapere, il piacere, l’amore e la felicità altrove. Cerca di
possedere, ricevere, prendere, avere, ottenere sempre di più. Vuole diventare
“qualcuno” a tutti i costi.
Questa attività compulsiva, dove la quantità è più valorizzata della
qualità, oltrepassa i bisogni naturali dell’essere umano. Benché Narciso abbia
ottenuto abbastanza, vuole di più, anche se questo implica tormentare gli
altri. La sua ricerca è considerata un comportamento normale e desiderabile ed
è incoraggiato dalla società. Narciso cerca di ottenere il più alto status
possibile e di esercitare la sua influenza sugli altri e di dominarli in ogni
modo. Cerca il trionfo. Non vuole sentire il dolore della sua “separazione” e
prova a controllare i sentimenti, i pensieri e le loro manifestazioni per farsi
amare. Spesso vuole controllare pensieri e sentimenti di tutti. La sua rigidità
emozionale gli impedisce di sentire la propria vulnerabilità e il suo bisogno
di essere nell’amore. Questa rigidità gli fa credere che può vivere senza
amore, o che può privare gli altri del suo amore per meglio dominarli.
La spiritualizzazione di Narciso.
Quando la ricerca esteriore non è abbastanza soddisfacente, Narciso
diventa spirituale. Cos’è essere spirituale? Narciso a questo proposito ha
molte idee interessanti. Per consolarsi della terribile “ossessione-scopo”
adotta una piccola filosofia per diventare “qualcuno di grandissimo profondo
valore”. Allora colloca lo scopo “all’interno di se stesso” e fa una ricerca interiore. Quando Narciso sta per
sentire che è molto spirituale, è già partito per il viaggio della
trascendenza. In ogni caso, qualunque sia l’ “ambiente” dove si trova lo scopo
della sua ricerca, i presupposti e la modalità sono sempre gli stessi:
Narciso crede di essere separato dalla sorgente stessa di “ciò che è”.
Narciso crede di essere diverso. Si crede incompleto, imperfetto, senza
valore, inesistente, impotente, solo, non amato, insufficiente, incapace…
E poiché crede di non essere intero, deve diventare qualcuno o fare
qualcosa per colmare il vuoto insopportabile dentro di sé. Nella sua ansia di
spiritualizzazione, si presentano due possibilità a Narciso: idealizzare
qualcun’ altro; o idealizzare se stesso.
Se idealizza l’altro, si abbassa davanti a qualcuno che gli sembra più grande
di lui. In questo tipo di ricerca, Narciso va di guru in guru o di satsang in satsang. Legge molto e ascolta continuamente ciò che gli altri, più
sapienti, dicono sulla “realtà”, sulle promesse dell’aldilà, sulla “alta
coscienza”, sulla “alta percezione” e sul “potere di realizzazione” Qualche
volta è affascinato dalla terapia. La guarigione o la trasmissione di luce. O
ancora va negli asram aspettando la
madre-guru o il padre-guru che lo prendano tra le braccia, che
veglino su di lui, che lo ricompensino, che lo liberino e lo proteggano.
Narciso crede che per raggiungere la liberazione finale dalla terribile
“ossessione-scopo” gli occorreranno molte vite di sofferenza cronica e di
sforzi per purificarsi e perfezionarsi. Forse avrebbe più possibilità se si
perfezionasse servendo il guru “incondizionatamente”. Potrebbe allora ottenere
lo scopo ultimo facilmente.
Quest’ultima storia lo lascia con due scelte:
a) o obbedisce al guru e s’attacca alla sua
scuola o ashram, per essere
ricompensato dal guru, la scuola o l’ashram
con la “liberazione finale”;
b) oppure si allontana dal cammino che
potrebbe evitargli molte vite di sofferenza cronica e resta per sempre con la
sua compagna, la terribile “ossessione-scopo”.
Servendo il guru pensa “senza dubbio è a causa mia se non ha
funzionato”, oppure “è a causa mia se lui non mi ama”, “io faccio questo”, “io
creo quei sentimenti verso di me”, “io sono responsabile di ciò che il mio guru
pensa di me”, o ancora “io sono responsabile di ciò che gli altri sentono per
me”.
Tuttavia la spiritualità che adotta per sbarazzarsi della terribile
“ossessione-scopo” lo porta a prendere tutti i cammini che assomigliano a
qualcosa di vero e interessante o che lo portino a un “me” più profondo.
Cercando di disfarsi dell’”ossessione-scopo”, prova la terapia migliore, la
cura della trasmissione della luce bianca oppure della luce blu. Pratica le
forme di spiritualità “più elevate” o si converte senza condizioni a una “vera”
religione. Con la sua “ossessione-scopo” Narciso va a incontrare lo sciamano
del posto o quelli che gli offrono il migliore.
Passa un certo tempo con il grande guaritore Swami Hantevilasanana o col Rinpoche
Sausaussi e con l’Avatar
Paracetamolananda. Pratica tutti i loro rimedi, ripete i loro mantra e le loro idee. Si applica con
diligenza alle nuove credenze che gli impongono.
Per guarire dall’ossessione-scopo Narciso approfondisce tutti gli
insegnamenti, vuole trovare la migliore cura alla sua spaventosa mancanza di
sentimento e di saggezza e prova a liberarsi dalla noia, dal dubbio e
dall’insoddisfazione. Con tutte queste idee Narciso entra nella ricerca di
acquisire potere.
Quando Narciso idealizza se stesso
Se idealizza se stesso, resta fissato all’idea infantile che egli crea
gli altri con il suo sguardo. Crede nel suo potere magico di attirare gli altri
a servirlo, come facevano i suoi genitori quando era bambino piccolo.
L’ossessione di Narciso è attaccata all’illusione di controllare la
vita e gli altri con i suoi pensieri. Vuole che i suoi pensieri si
concretizzino e suppone che creino la realtà: “ penso abbastanza forte, si
avvererà”. Adotta ruoli superori agli altri, si fa idee di grandezza, è lui ad
avere influenza sugli altri e a trasformarli. “Sono uno straordinario, perché
ho molta influenza sugli altri:” sono molto potente”. L’”ossessione-scopo” lo
porta a cercare la gioia suprema, la sublime realizzazione dell’essere. Lo
spinge a diventare un guru, e a ottenere
l’ultima illuminazione, o la cosa che possa condurlo allo scopo ultimo:
liberarsi dalla spaventosa “ossessione-scopo”.
Ma la notizia è terrificante, le ultime ricerche gli provano che la
terribile “ossessione-scopo” è incurabile. E’ una malattia concettuale della
mortalità. L’”ossessione-scopo” è Narciso stesso, è il “me” che crede di
essere. Il fatto più grave della sua malattia è che l’illuminazione gli diventa
inaccessibile perché l’illuminazione non è che un altro concetto all’origine
della sua disperazione.
Ecco la storia di Narciso. Chi sarebbe Narciso senza la sua ricerca?
Il senso dell’humor comincia nel momento in cui lasciate cadere la
ricerca di Narciso. Se ci identifichiamo con rappresentazioni di sé, con le
strutture basate sulla sopravvivenza, con i sistemi di credenze e gli stati di
regressione d’età, non possiamo fare l’esperienza del Cuore della Coscienza
senza contenuto, allo Stato Puro. Ma è possibile smettere di credere che siamo
il riflesso sull’acqua o nello specchio.
“Per sapere chi siete
veramente, dovete abbandonare ciò che non siete. Per lasciare qualcosa dovete
prima sapere cos’è” . (Nisargadatta
Maharaj)