Emmanuel Ransford
La nuova fisica, il Transpersonale e il divino in noi.
3ème Millénaire n. 85 – Traduzione della dr.ssa Luciana
Scalabrini
La fisica
classica era benedetta dagli dei. Determinista, riduzionista e continuativa,
sembrava perfettamente intelligibile. Descriveva un universo meccanico,
prevedibile e concettualmente semplice, un universo che si poteva controllare
totalmente. Il diciannovesimo secolo fu quello del suo trionfo, che si credeva
definitivo.
Poi, la scienza ha
scoperto i quanti. Si è introdotta nel mondo confidenziale dell’atomo,
dell’elettrone e di tutte le particelle subatomiche, i cui comportamenti,
bizzarri e incomprensibili, sfidano il senso comune.
E’ un fatto
d’esperienza: quando si scruta l’intimità del mondo, quando si esaminano gli
ingranaggi più sottili, si constata con stupore che esso non risponde alle
aspettative della ragione. Né a quelle dell’intuizione.
Per esempio, il
mondo dell’infinitamente piccolo lascia un posto importante al caso (
all’effetto senza causa); crea legami stravaganti che uniscono frammenti
materiali perfino molto distanti. Più strano ancora, le particelle sono a volte
onde, e viceversa.
(Che le particelle siano appuntite e indivisibili e che le
onde siano sparpagliate non fa nessun problema
per la natura; le une diventano allegramente le altre, in una gioiosa danza
trasformista che niente arresta!).
Almeno, è ciò che dice l’attuale interpretazione.
Altro motivo di sorpresa, gli osservatori consci che noi
siamo creano, a livello quantico, la realtà che osservano. Quella sorprendente
facoltà (più magica della magia) fa scrivere a Wolfgang Pauli: “La fisica
moderna reintroduce l’osservatore come un piccolo dio della creazione nel suo
microcosmo”.
Siamo davvero dei
piccoli dei della creazione?
In quel caso preciso
ne dubito. Credo che l’interpretazione che produce una tale conclusione, sia
fuorviante. L’errore sarebbe imputabile al nostro sguardo: prigionieri del
nostro mentale e dei nostri pregiudizi, non sapremmo più guardare la natura nelle
sue caratteristiche proprie. Contemplare la natura per coglierne l’essenza
dimenticando le certezze e i pregiudizi dell’intelletto, è quello che ho
provato a fare. Quello mi ha condotto fino alla “psicomateria”; che non è altro
che la materia ordinaria arricchita da un contenuto supplementare. Questo
contenuto è generalmente ignorato, per causa di estrema discrezione.
Mi spiego. La questione essenziale qui è la natura del non
determinismo quantico. Se la scienza convenzionale non ci vede che caso vero (a-causale) io vi scopro
la manifestazione di una dimensione nuova, non materiale del mondo; che chiamo
lo “psi”. Questo si caratterizza attraverso il suo potere di decisione o la sua
capacità di scelta (è una mia ipotesi). Un tale potere si manifesta proprio col
non determinismo o l’aleatorio.
Quella facoltà d’iniziativa, eccessivamente debole nella
particella elementare, è una forma rudimentale di libero arbitrio. Io la chiamo
“endocausalità” del “phi” (che è l’altra componente
della psicomateria ). L’exocausalità ci è familiare: è la causalità
determinista usuale. Essa governa le leggi deterministe della materia.
Riunendo phi e psi in un’unica
sostanza, si ottiene la psicomateria. E’ molto semplice!
Così questa supermateria è endocausale e exocausale. Il phi
determinista è obbiettivo ed è la parte fisica della psicomateria; lo psi è
soggettivo, perciò psichico, la sua parte psichica.
Aggiungo due cose
importanti:
1-
Lo psi è generalmente
inattivo, o latente. Questo lo rende quasi indecifrabile, e facile da ignorare.
Allo stato latente credo che sia inconscio. Ma quando si risveglia per
diventare attivo, accede ad una forma di coscienza; che resta infinitamente
debole a livello subatomico (coscienza subliminale, o protocoscienza ).
2-
Lo psi delle particelle
elementari può aggregarsi e attaccarsi, formando vasti insiemi psichici.
Battezzo supralità questa facoltà di collegamento che unisce lo psi delle
particelle E’ nel cuore della non separabilità quantica, che sarebbe perciò un
fenomeno d’origine non materiale (da cui la nostra difficoltà a comprenderla? )
Lo psi endocacausale fa della
psicomateria un’argilla viva, creativa, aperta. Con la supralità e i suoi
legami invisibili (legami suprali), questa supermateria è anche legante e legata .
La
supralità dà allo psi un’ampiezza senza limiti. Essa gli dà struttura e
coesione; è un campo non localizzato e che porta informazione. L’insieme dei legami suprali dell’universo tesse una
grande tela di dimensioni cosmiche (la tela e i suoi legami sono invisibili
come lo psi da cui sono formati).
La tela cosmica è una
specie di etere psichico. E’ il luogo delle nostre radici celesti, è il nostro
cielo interiore, che raggiunge l’universale. E’ esteriore e interiore ed è
collettiva: è di tutti e per tutti, non conosce esclusioni né distinzioni. E’
una ricchezza collettiva!
Insomma, la psicomateria è creativa, legante e legata; è
carica di informazioni, di memorie e di energie sottili. Unisce e armonizza. Si
misura quanto differisce da quella sostanza morta che è la materia inerte.
Dopo questa breve presentazione della
psicomateria, esaminiamo quello che significa per noi.
Chi siamo, quali sono le nostre vere capacità
alla luce della supermateria? Di primo acchito, lo psichismo endocausale
implica che l’essere umano è libero in profondità, è potenzialmente libero di
decidere e di condurre la sua vita. Questo giustifica tutte le speranze…
Inoltre, la nuova fisica è una fisica del
legame; si accorda con quella parola di un maestro Zen: “Se sei uno con un
granello di polvere, sei uno col mondo intero”. Essere uno è essere aperto a
ciò che è. Se il mondo è costituito da psicomateria, allora l’unità del mondo è
un fatto incontestabile. Quella unità ci incoraggia a cambiare il nostro
sguardo e le nostre tendenze.
Attraverso la tela suprale ciascuno di noi si
integra nel più grande di lui. La sfida è di prenderne coscienza, per accedere
a una vera espansione. Jung scriveva:
“l’anima è, si potrebbe dire, quella metà del mondo che non esiste che
nella misura in cui se ne prende coscienza”. Vivere nell’ignoranza delle nostre
connessioni suprali, non è non avere ancora trovato la propria anima? Essa
porta ricchezze sovrabbondanti, dà ali psichiche infinite che fanno saltare i
limiti dell’ego.
La tela
suprale è come una gigantesca rete che ci riunisce tutti. Immersi nella grande
tela, il nostro piccolo me si arricchisce e si amplifica. Acquisisce una nuova
apertura che lo cambia in un me suprale, o grande me.
( Si potrebbe chiamarlo anche il Sé, il me
olistico, globale e transpersonale )
Il grande me si estende fino alle stelle! Va
persino molto al di là. Si accorda con
quel bel detto di Platone: “ L’uomo è una pianta le cui radici salgono
al cielo”.
Così la
psicomateria è per una visione globale dell’uomo e del suo potenziale psichico.
E’ per una visione allargata della persona umana, una visione di libertà
interiore e di superamento dell’ego. La supermateria di cui le nostre cellule
forse sono fatte, ci radica nell’universale. Ci invita ad aprirci alle risorse
del grande me. Esse sono immense! Deframmentiamoci, uniamoci, siamo solidali;
lasciamo entrare nelle nostre vite la luce del grande Tutto. Apriamo il nostro
cuore per diventare completamente umani e pienamente vivi. Questo modo d’essere
vivi ci fa crescere. Permette di superare i limiti del piccolo me. E’ in sé
un’esperienza spirituale, sorgente di luce.
La psicomateria ha
altre particolarità. Ci parla implicitamente di qualcosa che è della qualità
del divino, e lo fa su due piani, quello dell’immanenza e quello della
trascendenza. Vediamo.
L’ho detto, la tela cosmica della supralità
forma un gran Tutto. Essa è quella “grande tovaglia sotterranea da cui beviamo
tutti”. Essa è anche “una realtà che sarebbe di natura collettiva, libera dalla
tirannia del tempo, qualcosa come un’immensa banca di regali, un sapere
universale che assomiglia a quello di Dio” (Eliane Gauthier).
Questa
grande tovaglia sotterranea che lega, nutre e unisce, è una forma del divino
immanente.
Il divino
non è limitato all’immanenza. Ha un altro aspetto, essenziale che si dispiega a
livello trascendente. Nel mio approccio, quell’aspetto si svela con l’endocausalità (che, lo ricordo, conduce alla psicomateria).
Più precisamente, il divino trascendente è da ricercare dal lato dell’urcausalità , che è
l’endocausalità pura, estrema, cioè non macchiata dalla exocausalità.
Essa non è l’endocausalità della psicomateria, che è contagiata dalla sua
exocausalità. L’endocausalità totale è differente: un essere urcausale ha delle
proprietà che un essere semplicemente endocausale non ha, nel senso
dell’endocausalità parziale. Questo giustifica il fatto di darle un nuovo nome.
L’urcausalità abolisce
la distanza che separava l’essere dal non essere, crea una connivenza tra loro,
con essa l’essere e il nulla diventano complici. Essi sono partner di una danza
esistenziale dove tutto è reversibile, compreso il fatto di esistere e quello
di non essere. Traduco questo dicendo che è “esistibile”. La sua “esistibilità”
gli dà gli attributi divini supremi: è creatore e autocreatore. In breve, un
essere urcausale è ontologicamente reversibile. Quella proprietà cruciale
significa che è capace di trasformarsi in vero niente (esente da leggi
fisiche), così come di rigenerarsi (a partire dal niente radicale).
Se si dovesse rappresentare la nuova fisica con
un’immagine, sarebbe quella di un diamante poco consueto. Un diamante insolito
che chiamo il diamante ontologico, che è tagliato in forma di piramide a
quattro punte, su cui si leggono, finemente scolpite, le iscrizioni “exo”, “a”, “endo”, “ur”. Significano: exocausale,
acausale, endocausale, urcausale,
l’avete indovinato.
Quelle
quattro forme di causalità sono i quattro pilastri del mio approccio. E
consistono:
1-
L’exocausalità ci è
familiare, la causalità che conosciamo, determinista e oggettiva. L’essere la
subisce, è imposta dall’esterno.
2-
L’acausalità è
l’assenza di casualità, l’effetto senza causa o il vero caso, privo di
contenuto (o di ragion d’essere? )
3-
L’endocausalità ci confronta con un mondo non
oggettivo e fluttuante. E’ quello della soggettività. Un essere endocausale può
scegliere e decidere. Possiede un potere decisionale interno; esso può variare
dal rudimentale al più complesso. E’ endogeno, interno.
4-
L’urcausalità è
l’endocausalità pura, senza mescolanze. Un essere urcausale è libero da ogni
exocausalità: la sua creatività è senza freni. Essa gli dà delle
caratteristiche uniche.
La nuova fisica è un
gioco magico. Essa gioca con tutte le forme di causalità; in particolare
reinterpreta la fisica quantica appoggiandosi alla nozione di endocausalità.
L’indeterminismo e l’aleatorio quantico, preso convenzionalmente come un segno
di acausalità sono per lei indici di una endocasualità che agisce.
Quel passaggio dall’
“a” privativo all’ “endo” è essenziale: attraverso
lui, la realtà fisica cambia contenuto. Da materiale diventa psicomateriale.
Aggiungo infine che la nuova fisica porta a una teoria che
spiega il cervello cosciente.
Risponde alla sfida di Penrose, che osservava che “la
coscienza fa parte del nostro universo. Ogni teoria fisica che non gli riserva
un posto appropriato è fondamentalmente incapace di fornire una descrizione
valida del mondo”.
La psicomateria
permette di concepire il nostro organo del pensiero come una specie di lampada
di coscienza. Secondo questa metafora, la coscienza starebbe al cervello come
la luce alla lampada. E, così come la luce non si identifica con la lampada che
la produce, la coscienza non si identifica col cervello che le permette di
apparire.
In conclusione, la
nuova fisica è un tentativo ragionato di creare una scienza aperta sul mondo
soggettivo e psichico. Si sforza di abbracciare tutte le dimensioni del reale e
ci propone nuove chiavi di intelligibilità fondate sulla nozione di
endocausalità. Con questa la materia inerte si trasforma in argilla viva, a
partire dalla quale la natura ha formato il regno vegetale e animale. La
materia si trasforma in psicomateria, che porta in lei, nascosti, i germi della
vita e dello spirito. Anche noi stessi ci trasformiamo, diventiamo autentici giganti
dalle dimensioni cosmiche, nutriti dalle nostre propaggini in due mondi, uno
visibile, l’altro invisibile. Quelle nell’invisibile sono le nostre radici
celesti. Nutrirsene, è diventare intelligenti della nostra anima, viaggiare
nelle profondità della nostra psiche, riscoprire il divino in noi. Radicare la
gioia, la pienezza e il dono di sé nelle nostre vite!