Edouard Salim Michel
Trovare la
sicurezza nel cuore stesso dell’insicurezza
3ème Millénaire n. 86 – Traduzione
della dr.ssa Luciana Scalabrini
Se un ricercatore è realmente sincero nel desiderio di
conoscersi e incomincia a studiarsi, per
comprendere ciò che gli impedisce la strada verso l’illuminazione, non può
evitare di constatare che è, come ogni essere umano,
continuamente sottoposto a una doppia paura: la paura della vita, con tutto quello che comporta,
come pericoli, malattie, conflitti, drammi, accidenti di ogni specie, e la
paura dello stato in cui sarà inevitabilmente dopo la morte, di cui, finchè
resta ciò che è ordinariamente, non può conoscere la vera natura.
Senza forse averne coscienza, l’uomo preferisce affrontare i
pericoli dell’esistenza terrena, perché sono tangibili e perché spera sempre
che esista un mezzo per sottrarvisi,
fino a che gli sembra impossibile conoscere e
comprendere lo stato in cui si troverà immerso dopo la morte, ciò che lo
riempie di apprensione. Così gli sembra preferibile e più urgente fare fronte a
tutto ciò che lo minaccia nel mondo esterno piuttosto
che affrontare il non conosciuto.
L’aspirante deve realizzare che lo
scopo della sua ricerca spirituale è precisamente quello di liberarsi da quella
doppia paura aiutandolo a conoscere, finchè è ancora in vita, l’Aspetto Primo
della sua natura, che ritroverà dopo la morte, che , essendo invisibile, è di
conseguenza al riparo da tutte le minacce che pesano su tutto quello che è
visibile.
L’essere umano ha paura di morire, una paura strettamente
legata al timore di perdere il corpo fisico, a cui è così drammaticamente
identificato, che è diventato lo strumento attraverso il quale gusta i piaceri
del mondo dei sensi e ha una prova certa, pur limitata, di esistere. Così nutre
in lui il sentimento cosciente o inconscio che senza il suo corpo, non solo
cesserà di esistere, ma che perderà ogni possibilità di conoscere quei piaceri
sensoriali ai quali è diventato così attaccato.
Poiché non sente la sua esistenza che attraverso gli stimoli
esterni, che i suoi organi di senso gli comunicano, senza esserne cosciente,
prova costantemente un specie di angoscia
incomprensibile, anche quando è occupato a gioire degli innumerevoli piaceri
che gli offre il mondo dei fenomeni.
L’attitudine dell’uomo rispetto alla morte dipende dalla sua attitudine rispetto alla
vita, come il significato che questa ha per lui. Il timore cosciente o
inconscio della vita, che si forma poco a poco in lui
gli crea una apprensione nei confronti della morte. E,
ciò che è paradossale, è che ha paura della vita e al tempo stesso vi si
attacca sempre di più, un attaccamento che non fa che aggiungere apprensione
rispetto alla morte.
Si sforza invano di trovare i mezzi per perpetuare la sua
forma corporale piuttosto che cercare di scoprire, dietro il visibile, l’Immutabile
che, contrariamente a tutto ciò che ha avuto inizio, non ha fine.
Se vuole arrivare a scoprire il Sublime che lui porta così
misteriosamente in sé, deve cambiare direzione, cioè
deve smettere di avere lo sguardo rivolto solo verso l’esterno, per stimolare
in lui il senso della sua esistenza. E’ necessario che si produca
coscientemente in lui una certa introversione, accompagnata da pressanti
domande sull’enigma della sua esistenza su questa terra e della sua relazione
con un universo così immenso, strano e insondabile.
Quella
introversione è indispensabile, se vuole un giorno riconoscere, con una
pratica spirituale seria e un’esperienza interiore diretta, la presenza in lui
dell’altro aspetto della sua natura, infinitamente più reale di quella tangibile,
e più ricca di tutte le gioie passeggere che il mondo gli può offrire, non
soggetta alle leggi del mondo fenomenico, libera dal visibile e da tutte le
sensazioni corporee, grazie alle quali può normalmente sentirsi e avere la
conoscenza della propria esistenza.
Per essere aiutato in quella misteriosa
ricerca della sua Origine, bisogna che, fin dall’inizio del suo impegno nella
pratica della meditazione, abbandoni l’idea di non essere composto che della
materia grossolana visibile, soggetta alle sensazioni corporee, da cui si crede
dipendente per poter sentire che esiste.
Senza realizzarlo normalmente, porta in lui l’Infinito, che gli è possibile
raggiungere, se gli sforzi sono all’altezza della sua aspirazione, e conoscere quell’aspetto della sua doppia natura.
Ogni aspirante sul Sentiero deve arrivare a comprendere
l’importanza per lui di lottare contro quello strano fenomeno della “scomparsa
di se stesso”, o in altre parole , contro quella
curiosa “assenza a se stesso” che lo caratterizza, in cui, senza poter
realizzare il modo da cui è spinto, gli avvenimenti felici e dolorosi della
vita esistenziale e l’aspetto sessuale della sua natura non smettono di
esercitare il loro potere sul suo essere, nascondendogli il fatto che non vive
solo nei momenti fuggevoli di un tempo in continuo divenire, ma anche in un
universo insondabile, impossibile da capire nel suo stato ordinario di essere e
di sentirsi.
Infatti, come le immagini che scorrono nei sogni notturni lo impressionano al punto da fargli credere in una
sola realtà, altrettanto, in un modo che sfugge alla sua comprensione, lo
spettacolo del mondo tangibile che si dispiega al suo sguardo attira e occupa
la sua attenzione, tanto da dargli l’impressione che il visibile e il suo corpo
fisico siano le uniche realtà esistenti.
In questo modo non può concepire che non è composto solo da
un corpo materiale sottoposto all’usura del tempo e all’annientamento, ma anche
da un aspetto ineffabile che gli sfugge, l’Assoluto in lui, che gli occorre
scoprire prima di abbandonare il mondo fenomenico e tentare, con sforzi
ripetuti, di non dimenticare mai; allora la morte avrà perduto il suo potere su
di lui. Con quella nuova nascita che si sarà prodotta nel suo essere e che si
pone al di là della vita manifesta, avrà riportato la
più bella delle vittorie, la sola che conti!
Quando all’inizio del suo impegno in una via spirituale,
l’aspirante scopre con sorpresa la difficoltà che trova nello stare presente a
se stesso, è lontano dall’apprendere, nonostante ciò che crede di aver
compreso, le vere radici di quella strana scomparsa di se stesso che
s’impossessa di lui a dispetto della sua volontà e di cui non misura ancora
l’effetto funesto sul suo essere e sulla sua vita. E, benchè faccia degli
sforzi per liberarsi dalla presa che quello strano sonno diurno esercita su di
lui, non nota, all’inizio dei suoi tentativi, che causa in lui una ambiguità
sconcertante.
Infatti, benchè cerchi di tirarsi fuori
dalle maglie di quell’oblio di sé, c’è anche in lui il desiderio
paradossale di cadere volontariamente in
quello stato d’assenza nel quale resta spesso invischiato a lungo, sia nelle
attività quotidiane che durante le meditazioni.
Bisogna realizzare che il rifiuto
di essere cosciente di sé in un modo che non gli è abituale è strettamente
legato a una paura che è in lui e lo disturba a sua insaputa, perché, nel
momento stesso in cui, dopo un certo tempo d’assenza, fa lo sforzo di ritornare
cosciente di sé, si sente improvvisamente solo. Per questa stessa ragione non
può impedirsi di voler smettere la meditazione o altre pratiche spirituali,
perché non può sopportare questa solitudine interiore e nemmeno di essere
tagliato fuori da tutto ciò che gli è familiare.
Tuttavia, se riesce ad approfondire ed allungare quella
presenza inabituale che sente in certi momenti, scoprirà in lui qualcosa di indefinibile, da cui potrà, se i suoi livelli sono
abbastanza elevati, presentire la Natura Santificata e gli diverrà possibile
trovare il suo vero posto nell’Universo.
In quel momento la paura di essere
solo non troverà più posto in lui, perché, avendo riconosciuto per esperienza
diretta l’Infinito che lo abita, non sarà più interiormente solo. E comprenderà anche che, a dispetto di tutto ciò che può
capitare esteriormente, non ha in fin dei conti niente da perdere, perché
niente gli appartiene, nemmeno il corpo!
Bisogna che il ricercatore realizzi
che il Tempo è nemico dell’Eternità e che, man mano che apprenderà ad
avvicinarsi al Fuoco Divino e a
rimanerci, comincerà a provare lo strano sentimento di un presente eterno.
Sentirà allora i primi segni di una sicurezza interiore in mezzo ad una esistenza che per sua natura non può che essere
precaria, in un flusso continuo e sempre mutevole.
L’essere umano passa gran parte della vita a tentare di mettersi al riparo da
tutti i pericoli che minacciano il suo corpo che, senza che ne abbia coscienza,
è diventato essenzialmente prezioso per lui. E, quando accade l’imprevisto, e
si trova nell’insicurezza, si mette subito a cercare mezzi da cui spera gli verrà
la sicurezza esteriore definitiva a cui aspira, ma che si rivela irreale in questa esistenza, che non può che essere insicura e
imprevedibile. Resta così in uno stato di inquietudine
non cosciente, che è sempre là, in fondo alla sua mente, anche quando è
occupato nei piaceri sensoriali che questa vita gli offre. In fondo non può
ignorare che qualsiasi cosa faccia, non gli è possibile evitare ciò che
l’attende: i guai che la vecchiaia causerà al suo corpo e la sofferenza che lo
affliggerà prima che la morte non lo liberi del suo corpo diventato
inabitabile, una prospettiva che lo riempie di spavento.
Per rassicurarsi, l’uomo della strada, perduto nella
drammatica assenza da se stesso, nella sua ignoranza spirituale, non si interessa che al tangibile; preferisce dimenticare che
tutto ciò che è palpabile è soggetto all’usura del tempo ed è impermanente. Non
realizza che può trovare la vera permanenza e la
sicurezza cui aspira che nel fondo del proprio essere, una sicurezza che non si
trova nel mondo fenomenico, dove l’essere umano è perduto in un universo
mentale dove regna l’oscurità.
Bisogna che l’aspirante arrivi a scoprire da solo che,
quando fa lo sforzo di restare attivamente cosciente di se stesso e legato
all’Aspetto Superiore della sua natura, può sentirsi in sicurezza
interiormente, sicurezza molto particolare di cui l’uomo comune non sospetta la
possibilità.
Se è arrivato a conoscere uno stato
d’essere Santificato, che si colloca oltre la dualità, il ricercatore conoscerà
e comprenderà meglio lo stato di dualità, perché avrà incominciato a vivere in
un altro universo interiore. Vivrà in
due mondi simultaneamente, nel mondo della dualità, che per sua natura, non può
essere diverso da come è, ma al tempo stesso comincerà
a vivere in se stesso in un altro mondo, libero dalla dualità.
I suoi interessi non
saranno più rivolti all’esterno, ma centrati interiormente, in quella Sorgente
Sublime da cui prenderà forza e ispirazione, fino a che non giunga la
liberazione dalla sua prigione fisica.