Michael Siciliano
Vivere con gli
occhi aperti
3ème Millénaire n. 87 – Traduzione della dr.ssa Luciana Scalabrini
Imparare a smascherare le nostre illusioni per crescere in
coscienza.
“Essere se stessi non richiede una comprensione speciale,
solo
la volontà di vedersi così come si è veramente”
Guy
Finley
Domanda: Perché le
illusioni, e dove nascono?
M.S. Le illusioni
sono i veli che c’impediscono di vedere la realtà, i filtri che colorano la
realtà per farne la nostra realtà.
Su di un cammino spirituale per diventare chi siamo, una
delle prime tappe del lavoro che dobbiamo fare è mettere in luce le illusioni,
vederle, riconoscerle. Poi si tratta di metterci in azione perché, una volta
divenute coscienti le illusioni, possiamo scegliere di non lasciarci più
condurre e ingannare da loro. Ritrovare la scelta delle nostre azioni ci
richiederà una certa pratica, appoggiata dall’attenzione, l’intenzione, la
vigilanza, la pazienza, la perseveranza.
Quei filtri vengono dalla nostra educazione, dagli schemi
familiari e sociali che ci guidano secondo attese particolari. Così in modo
generale impariamo a essere non ciò che siamo, ma ciò
che ci si aspetta da noi.
Le illusioni rappresentano un meccanismo di sopravvivenza
messo in moto dall’infanzia, per permetterci di sopportare eventi troppo
dolorosi. Così da bambini in situazioni difficili si creano scenari che si
riproducono per tutta la vita, credendo che siano reali. Ora, non si tratta che
della nostra risposta a un tipo di situazione, una
risposta di sopravvivenza.
La maggior parte delle nostre illusioni sono
così piazzate già dalla prima infanzia, l’85% del modo con cui rispondiamo alle
situazioni della nostra vita, nascono tra 0 e 5 anni, certi parlano perfino di
3 anni.
Le illusioni nascono da ciò che osserviamo, da ciò che
sentiamo e da ciò di cui risentiamo come bambini.
Per esempio, bambino, vado verso mia madre: “mamma, cosa c’è che non va?”. La ragione per cui glielo
domando è che vedo sul suo viso che qualcosa non va, posso sentire un’energia
differente, una vibrazione differente che emana da lei. Mia madre, per
proteggere il suo bambino dice: “va tutto bene” (una
protezione che si perpetua di generazione in generazione, dove i genitori
continuano oggi a escludere i loro bambini dalla verità della situazione).
Sento che qualcosa non va, lo intuisco, lo vedo. La mamma
dice: “va tutto bene”. Questo si riproduce ancora e
ancora. Allora cosa accade? Io sono lì col mio sentire e li metto nella
categoria “ho torto”. I miei sentimenti, le mie sensazioni non
sono corretti; dopotutto la mamma è la mamma, lei ha ragione, non io, io
sono solo un bambino.
Diventiamo grandi. Ad un tratto sentiamo che qualcosa non va
in qualcuno. Automaticamente screditiamo ciò che sentiamo. Lì c’è l’illusione,
che noi abbiamo torto e l’altro ragione. Il nostro
sentire è falso, i nostri sentimenti sono falsi, lì è l’illusione.
Perché, da bambini ciò che sentiamo è giusto.
Finchè si installa in noi la confusione:
quello che sentiamo, è vero o no?
Così le illusioni in rapporto a ciò che sentiamo ci programmano a diventare incoscienti. Siamo programmati a non
ascoltarci, a non ascoltare il nostro essere, la nostra essenza, le nostre
intuizioni, perché quando siamo giovani tutte queste cose in noi sono
screditate dall’ambiente.
Dunque, man mano che cresciamo,
sentiamo un dolore nel nostro corpo, perché tutto nel nostro corpo dice di si e
l’esterno dice di no, tanto che si crea una lotta dentro di noi. Questa lotta
genera molto dolore, molta frustrazione, collera, ansia. Allora, per affrontare
in parte tutto questo, creiamo illusioni, perché è
troppo doloroso vedere che abbiamo ragione nei nostri sentimenti, ma che le
risposte dell’ambiente sembrano dirci il contrario.
Nel tempo, secondo la psicologia di ciascuno, possiamo anche
imparare a comunicare sempre meno.
Finiamo per non volere sapere se ciò che vediamo e sentiamo
è giusto o no. Pensiamo di sentire o volere una cosa, qualcuno ci dirà che è
un’altra cosa. Tutti sono programmati in questo modo.
Siamo programmati a non dire la verità.
Vivere un’illusione è vivere una menzogna. Se ciò che dite è illusione, non dite la verità; se vivete l’illusione, vivete in una menzogna. E quanti di noi vivono un’illusione, dicono parole che
mentono. Non realizziamo nemmeno che viviamo un’illusione,
che le nostre parole mentono e che tutto questo non è reale; semplicemente ci
hanno insegnato a fare così.
3m. Dici che siamo
programmati a diventare incoscienti. Allora alla nascita siamo coscienti, poi
tutto attorno a noi ci programma a diventare
incoscienti?
M.S. Certo. Hai mai
guardato un bimbo negli occhi? E’ puro, bello, è amore, completa vulnerabilità,
disponibilità, apertura. Un bimbo assorbe tutto ciò che sente, gusta, ode, vede
e sente. Perciò se ciò che vede è illusione,
l’illusione è lì che comincia. Qualsiasi cosa assorbirà, il bimbo vivrà
quell’illusione. Tutti amano guardare gli occhi di un bambino, sentire le risa
di un bambino perché le sue risa fanno ridere il mondo intero. Perché quel riso è reale.
Nemmeno il nostro riso è reale. Le nostre risa passano per
una lista d’illusioni, di credenze.
Rido perché voglio che mi si trovi gentile? Rido per
nascondere il mio dolore?
Quasi tutto ciò che facciamo è un’illusione, fino a che non
cominciamo a vedere, a imparare e a investigare in noi.
3m. La speranza è che
possiamo diventare coscienti delle illusioni che viviamo, di chi siamo
veramente, dietro i filtri e i veli?
M.S. Tutto quello che
dobbiamo fare è diventare coscienti. Diventare coscienti
è realizzare ciò che si fa nel momento in cui lo si fa. Se
non si è coscienti di ciò che si fa, si può essere nell’illusione. La maggior
parte del tempo e per la maggior parte di noi, quando diventiamo coscienti di
una certa azione che riproduciamo in modo automatico, il semplice fatto di prenderne coscienza il più frequentemente
possibile permette di rallentare e poi di arrestare l’azione in questione.
Dopo un certo periodo di presa di
coscienza di quell’azione, o piuttosto di quella reazione automatica,
appresa, possiamo, al momento dell’azione in questione, fare una scelta, quella
di non incominciare quell’azione.
Ne abbiamo
la scelta, anche se pensiamo di non averla.
3m. Così vivremo
meno in quell’illusione, perché quella reazione automatica non siamo noi.
M.S. Si. E per non vivere l’illusione, dobbiamo diventare coscienti.
Ciascuno deve scoprire come diventare cosciente.
Diciamo che una reazione ripetuta da me è quella di andare
in collera. Se sono in un processo per diventare cosciente e non voglio andare
in collera e non voglio tagliarmi fuori dalla realtà,
e voglio essere in relazione con la realtà, che cosa emerge? Proprio prima
della collera, se sono attento, sento il dolore.
Il dolore è una cosa a cui tutti noi cerchiamo di sottrarci.
Tutti. La società moderna tenta di sottrarci al dolore con i
media, la musica, i viaggi, gli acquisti, l’attività frenetica…, cose
che possono essere compensazioni per non sentire il dolore.
Generazione dopo generazione, ci insegnano,
dopo che non siamo più bambini, a non piangere, che non bisogna sentire il
dolore.
Allora nel processo per diventare cosciente della mia
collera, scopro che quello che sta dicendo una persona mi ferisce. Ora devo
guardare perché mi ferisce. Forse è completamente valido. Forse la sua
intenzione è di ferirmi, allora in effetti devo
assorbire la ferita e essere col dolore. E’ questo essere nella realtà, invece
di essere nella reazione automatica di collera, ciò che ritorna a essere nell'illusione. Questo non vuol dire che ogni collera è un'illusione. Ma parlo di una collera psicologica, appresa, automatica:
quell’azione comporta quella reazione, in questo caso, la collera.
3m. Dunque quel tipo
di collera è una cosa che impariamo dall’infanzia, quando vediamo l’ambiente,
per esempio i genitori che si arrabbiano con gli altri, contro le situazioni,
invece di esprimere il loro dolore o il vero sentimento o il reale bisogno che
sta a monte della collera. E’ questo che chiami
collera appresa?
M.S. Si. E’ una
collera psicologica, non è una vera collera.
La domanda che si può
fare è: cosa fai con la collera? Utilizzi la collera per uscire dalla
relazione, per dividerti da te stesso e dagli altri? Oppure
esprimi la collera nel momento, poi la lasci senza aggrapparti?
Se
utilizzi la collera per uscire dalla relazione, allora è un processo appreso,
viene dalla mente, viene da tutto ciò che costituisce l’illusione, è
un’emozione. Se usi la collera in risposta alla
situazione del momento, questo viene dal cuore. È un sentimento.
3m. Il mezzo che
possiamo usare per sapere se siamo nell’illusione sarebbe l’osservazione.
- Osservare quando facciamo qualcosa che sarebbe in reazione
a una persona, a una situazione?
- Osservare se ci sentiamo uscire dalla relazione?
-
Osservare se sentiamo
di creare una separazione con l’altro, con la situazione, con noi stessi?
M.S. Si, è un buon
mezzo. E’ un mezzo che uso tutto il tempo.
3m. Come sentirsi
chiusi, tagliati fuori da sé e dagli altri?
M.S. Si
3m. Consideri il
fatto di uscire dalla relazione come un’illusione?
M.S. Si, è vivere l’illusione.
Siamo degli esseri in relazione, siamo relazionali. Tutto su questo pianeta,
tranne l’uomo, è in relazione. L’uomo ha la scelta: essere chiuso, o essere in
relazione. Tutto è in relazione con il suo ambiente, tranne l’uomo. Non tutti
gli uomini, l’uomo può scegliere di essere in relazione o no. Essere in
relazione vuol dire vivere la realtà. Quando non siete
in relazione, non vivete la realtà, è impossibile. Ciò che vi separa sono i
vostri programmi, il vostro mentale, le vostre paure psicologiche, tutte queste
cose vi fanno vivere fuori dalla relazione.
3m. Insomma, siamo in
relazione con noi, con gli altri, con il resto del mondo attraverso i nostri
programmi, i nostri filtri, le nostre paure?
M.S. Si. Direi che,
come occidentale, una delle paure che dobbiamo guardare è
la paura di sentire. Perché? Da dove viene?
Per esempio, da bambino, se smetti di piangere perché ti
hanno dato dello zucchero o una tettarella, allora la mamma è sollevata perché
hai smesso di piangere; in questo modo la mamma non sente il proprio dolore.
Apprendiamo allora che lo zucchero, per esempio, è un sostituto al sentire, una
compensazione.
Il bambino è buono, perché lo zucchero gli piace, e può
crescere con ogni sorta di disordini alimentari. Quando
il nostro corpo comincia a sentire qualcosa di doloroso, si dà dello zucchero e
il sentimento è tagliato, e il bambino impara che non c’è bisogno di sentire,
non è giusto sentire. Lo zucchero è uno dei sostituti, ce ne sono molti.
Così nella cultura occidentale, la capacità di essere in
contatto con i nostri sentimenti è annientata fin dall’infanzia.
Certi tra noi si fanno uno spazio attraverso questo e
conservano la capacità di sentire, di restare vicini e in relazione. Ma la maggioranza delle persone troverà un mezzo per vivere
con il fatto di non sentire, senza nemmeno sapere che non sentono. Questa è la
condizione umana: creare situazioni dove non siamo reali e stare bene con
quelle situazioni lì.
3m. In che cosa le
illusioni ci impediscono di entrare nel vero flusso
della vita?
M.S. Per esempio, l’ illusione che la sola cosa che esista sia se stesso, l’
illusione che non si possa funzionare che con la collera, la depressione, il
rinchiudersi. Se non si può funzionare senza essere in collera, senza essere
depresso ( o qualsiasi sia la ragione che genera una chiusura) , se non si può fermare quella azione, o reazione, che ci
fa rinchiudere più o meno a lungo, come possiamo lasciare che la grazia sia in
noi?
3m. Questo sembra far
parte della condizione umana, quello di non poter rimanere col cuore aperto. Richiama
quello che abbiamo ricordato sulla nostra infanzia, come l’esterno ci porti a
rinchiuderci e ad allontanarci dalla nostra essenza. Come possiamo
mantenere un cuore aperto?
M.S. All’inizio, togliendo i veli delle nostre illusioni. Le
illusioni sono lì perché le abbiamo apprese dall’infanzia. Da questo, non siamo
con un cuore aperto, non siamo nella nostra essenza.
Lavorando su di noi, smascherando le illusioni, ci rendiamo
disponibili a ricevere la grazia. Il nostro cammino spirituale può allora
portarci a praticare in modo da lasciare che la grazia e l’apertura duri sempre più a lungo.
3m. Dici che dobbiamo osservare la nostra paura di sentire.
Di recente ho compreso che avevo paura della vita, e
mi è stato duro riconoscerlo.
M.S. Avevi paura della vita perché vivevi un’illusione.
L’illusione non è la vita, non è reale, l’illusione è la morte, non ha niente a
che fare con la vita. Quasi tutto ciò che pensi, o dici, che fai, che senti, è
illusione. Certamente hai paura di vivere, perché sei tanto abituato a vivere
l’illusione, non la vita. Più ti libererai dalle tue illusioni, più entrerai
nella corrente della vita, nella corrente della vera vita, di una vita di
verità, meno ti sentirai sconfortato per essere in quel flusso.
3m. Infatti pensavo di aver paura della morte, fino a realizzare
che quello di cui ho realmente paura è la vita.
M.S. Si, hai paura
della vita, perché sei sconfortato nella vita. Vivi nella tua zona di conforto
e la tua zona di conforto fa parte delle tue illusioni.
3m. Dunque ciò che ci è di conforto fa parte delle nostre illusioni?
M.S. Si. Anche se le
nostre illusioni sono cattive, anche se provocano situazioni orribili,
qualsiasi siano, siamo più confortati nelle nostre
illusioni che non vivendo la vita. Perché siamo
formati così dall’infanzia, formati all’illusione. Tutto ciò che è al di fuori
dell’illusione, non ci è confortevole.
Le nostre zone di conforto ci mantengono in una limitazione.
La maggior parte delle persone non vuole andare al di là.
3m. Allora le
sensazioni di sconforto, d’insoddisfazione che possiamo sentire, se vogliamo
diventare coscienti, non dovremmo cercare di evitarle o di compensarle.
M.S. Certo. Più le
sfuggi, più continuerai a sfuggirle.
Abbiamo la scelta: essere con lo sconforto che emerge per
qualche anno, poi diventare più vivi che si sia mai stati, o restare nello
sconforto per il resto della vita, nelle illusioni, nelle paure, nelle ansie,
nei dolori, nelle collere e con tutte le cose che il corpo crea vivendo nell’illusione. Dunque
abbiamo la scelta. In un modo o nell’altro, sentiremo lo sconforto e il dolore.
In un caso, durerà un certo tempo, nell’altro tutta la vita.
Un buon modo di cominciare a
investigare sul cammino verso Sé, sarebbe quello di porvi seriamente la
domanda: quanto tempo posso restare felice? Questa investigazione potrebbe
portarvi a scoprire gli schemi, che vi possono aiutare ad “aprire gli
occhi”.