Thierry Vissac
La seconda nascita è la nostra prima realtà.
3ème Millénaire n . 74 – Traduzione della dr.ssa Luciana
Scalabrini
Seconda o prima nascita?
Si parla di nascere di nuovo, nella maggior parte delle
tradizioni spirituali del mondo, perché ciò che vediamo
come la nostra prima nascita, nella sua evidenza materiale, può condurre alla
rivelazione di un’altra evidenza meno lampante nelle nostre società, che
concerne la nostra natura spirituale.
Ma
la natura spirituale in realtà precede e succede alla nascita della carne; è
perciò quest’ultima che potrebbe essere chiamata seconda nascita.
Si tratta infatti di realizzare che
non siamo nati alla data e nel luogo che abbiamo memorizzato e che è stato
trascritto sulle carte d’identità.
La nostra vera natura è spirituale, essa è
la nostra prima nascita.
Il punto
di vista delle persone “spirituali”, ma centrate sull’incarnazione, gli fa
osservare la realtà nella cronologia della venuta al mondo terrestre: l’uomo
porta in lui il presentimento dell’eternità della vita, ma quel presentimento è
in realtà una nostalgia, non il gusto di qualcosa che deve venire, ma di
qualcosa di dimenticato, sepolto sotto le urgenze delle nostre vite personali
dissociate. E dunque siamo nati prima di questo corpo
e non facciamo che ricordarcene. Quando quel presentimento avviene, sembra che
nasciamo di nuovo, che una freschezza nuova venga ad abitare nel nostro essere,
che la nostra vera natura e il senso della nostra esistenza si manifestino con
una tale chiarezza che mettono le nostre vecchie
storie personali in un’altra vita. La maturità fisica e sociale le mette su un
certo piano, ma la maturità spirituale è ancor più radicale, nel senso che fa
la distinzione tra le azioni personali fondate sull’oblio, nella fuga dal sé e
dal reale e le azioni fondate sul riconoscimento della nostra vera natura e
sull’accoglienza di ogni cosa come espressione
dell’Intelligenza della Vita. Una tutt’altra
vita.
La nascita della nostra natura spirituale non è prodotta dai
rituali che non ne sono che simboli.
Le tradizioni hanno scelto quel cambiamento radicale per
farne un rituale (quello dei due volte nati in India o del sacramento
cattolico, ecc.) che, come i rituali di oggi, ha molto
perduto del suo senso primitivo. Se non è inutile
segnare simbolicamente i passaggi della crescita, è inevitabile che il valore profondo
del simbolo rischia di disperdersi col tempo a vantaggio della loro forma
superficiale.
I rituali laici che invocano la Costituzione o i Diritti
dell’uomo d’altra
parte stanno subendo oggi lo stesso declino dei rituali religiosi di ieri.
Il pensiero non fa la nostra esistenza,
esso non può che commentarla.
Quando facciamo tabula rasa delle forme immaginate e prive di vita
che occupano la nostra mente, possiamo riallacciare più facilmente la relazione
con il senso.
Il senso della prima nascita è quello della vita eterna. Non
c’è dunque nascita. Non c’è morte. Ma
in quella consapevolezza la seconda nascita non è percepita come un avvenimento
futuro, frutto del merito o del caso, ma come il substrato della nostra
coscienza di esistere, prima, durante e dopo il corpo.
Noi esistiamo anche prima di pensarci, prima di pensare.
Il pensiero non fa la nostra esistenza, lui al massimo la può
commentare. Da qualche parte, al fondo di ciascuno, esiste almeno una traccia
di questa evidenza. Il pensiero non segna l’inizio
della vita e l’assenza di pensiero la sua fine.
Tuttavia abbiamo tendenza a credere (a pensare) che la
nostra esistenza terrena incominci nel momento in cui cominciamo
a pensare e non è raro che i nostri ricordi risalgano al massimo a quel momento
della nostra vita infantile dove la nostra mente ha cominciato a concettualizzare il reale. Non è che una coincidenza,
perché la maturità dell’intelletto, che permette la scelta cosciente della
realtà col pensiero e il linguaggio (verso l’esterno) sopraggiunge a un momento in cui la coscienza ha, nello stesso tempo, la
capacità di rivolgersi a se stessa (verso l’interno) e realizzare la propria
eternità.
Noi abbiamo confuso, per mancanza di una educazione
illuminata, il momento dell’emergere del pensiero con quello della vita (la
maggior parte di noi sarebbe nata una prima volta attorno ai tre, quattro
anni), nello stesso modo in cui abbiamo confuso il momento dell’emergere della
nostra natura spirituale con la sua nascita. Ciò che fa dire dell’essere che si
risveglia spiritualmente: è nato una seconda volta.
Pertanto siamo nati da e nello Spirito ancor prima di ricordarcene qui,
così come siamo nati nella carne anche prima di pensarci.
La nostra nascita non è perciò storicamente dove la poniamo
e questo ci rivela come la nostra percezione sia falsa e come ogni riflessione
sulla natura del risveglio spirituale sia una
complicazione mentale all'origine delle ricerche più strane, quando non sono
tragiche.
L’insorgere della memoria.
Il ritorno della memoria che somiglia alla scoperta di
qualcosa di nuovo, non ha di nuovo che lo sguardo che portiamo
su questo avvenimento della vita terrena.
Eravamo, l’istante prima, chiusi arbitrariamente in una
capsula di carne destinata a sparire un giorno, e cercavamo disperatamente di
dare un senso e una coerenza a quella fatalità. Poi, come se una palpebra si
fosse sollevata su uno sguardo nuovo, realizziamo che
non siamo limitati alla realtà dell’incarnazione che con il pensiero. Abbiamo
ridotto la nostra esistenza al pensiero che la definisce, la inquadra e la
rassicura un po’ e quella mentalizzazione del Vivente
l’ha messa in scatola, privandola degli elementi essenziali.
Pensando la vita, passiamo di lato alla possibilità di
viverla.
Non siamo nemmeno vivi in questo modo, ed è giusto se
possiamo parlare di una nascita qualunque, anche della prima, finché agiamo
solo meccanicamente, portati dalla paura, dalle assurde sicurezze del mentale e
dai limiti dei nostri condizionamenti. Non c’è da stupirsi allora se, nel momento in
cui lo sguardo, per una grazia improvvisa o progressiva, in un soffio di vento,
o durante una conversazione, si apre sulla realtà, siamo penetrati da una sensazione rivificante, simile al sollievo che procura l’improvvisa
cessazione di un intenso dolore o la gioia che produce il sorgere del sole alla
fine di una notte buia.
La nascita alla vita non s’inscrive nella cronologia del
mentale, anche se tentiamo di farlo per stare al gioco del mondo e dei suoi
riferimenti.
Siamo piuttosto come quelle persone che tentano di ricordare
una parola, che dicono di avere sulla punta della lingua, che improvvisamente
la ritrovano con sollievo, realizzando che non
l’avevano mai perduta, e comprendendo che è la loro ristrettezza a volerla
cercare mentalmente, il che impediva loro di risorgere liberamente.
La parola in questione potrebbe essere Eternità.