Thierry Vissac
La relazione con l’altro non è la sorgente della gioia, ma lo spazio della sua espressione.
3ème Millénaire n. 80 – Traduzione della dr.ssa Luciana
Scalabrini
- La relazione, presentimento dell’unità.
La relazione è presentita, in modo istintivo, come la
possibilità di fare l’esperienza dell’amore e dell’unità, cioè di riassorbire
la sensazione di separazione. Per questo la relazione amorosa è la ricerca
principale dell’umano. La relazione è
così diventata lo strumento di quella felicità ed esaltazione, che rincorriamo
disperatamente. E poco importano le sconfitte ripetute e inevitabili, dalla
notte dei tempi; gli uomini cercano di far durare il sentimento amoroso in
tutta la sua intensità e in modo permanente. Ci sottomettiamo allora a degli
stage e a dei rituali per provocare il miracolo.
- Le vie nelle quali si mette il ricercatore.
I metodi di sviluppo personale rispondono al bisogno di
migliorare la via personale e trovano il favore dei ricercatori di benessere.
La rivelazione spirituale è fondata nella coscienza che non siamo solo una
“piccola persona” ,con le sue attese e le sue illusioni, e che non possiamo più
essere ciechi in quel blocco che consiste nel rincorrerle.
Se parliamo di spiritualità, la certezza di ottenere la
felicità attraverso le vie della soddisfazione personale deve cessare. Perché?
Perché la struttura personale, con la sua storia, i suoi fardelli, le sue
memorie, cozza sempre con un limite, perché essa è un limite. Cozza contro il
proprio limite. Non c’è espansione possibile sul piano personale.
- L’espansione vera, frutto di tutte le nostre ricerche.
La vera espansione, che è presentita e alla quale aspiriamo
nel nostro percorso e coi nostri sforzi, è al di là del personale e del
relazionale. Non si tratta più di migliorare le relazioni o la comodità
dell’esistenza personale e di considerare questo miglioramento l’obbiettivo
principale (chi ci è mai arrivato al punto da essere pienamente soddisfatto? )
, ma di realizzare la nostra vera natura, libera da attaccamenti.
E’ solo in questa coscienza che si produce il passaggio
verso l’opera spirituale, e gli eventuali benefici nell’esperienza personale
non ne sono che gli effetti secondari, messi nella loro giusta prospettiva.
- La relazione con l’altro come obbiettivo principale della
vita personale.
La relazione con l’altro e soprattutto la coppia, sulla
quale gli esseri umani pongono la loro attenzione e le loro speranze, non è un
fine in sé. Non è la finalità, il punto d’arrivo. Può perciò continuare o
sciogliersi, è la stessa cosa, riguardo
a quello. A volte è meglio una rottura rivitalizzante che il tentativo di
riparare gli schemi profondamente ancorati nella frustrazione e nell’abitudine.
In quel contesto e su quelle basi, fare durare una relazione sentimentale come
se si trattasse di salvare ad ogni costo le nostre costruzioni, è uguale a
cambiare continuamente.
Comunque sia, se la relazione con l’altro può essere lo
spazio d’espressione dell’apertura del cuore, essa non ne è veramente la causa.
Polarizzare l’attenzione su di uno strumento della ricerca personale per
accedere al risveglio spirituale, è dunque profondamente fuori luogo.
- La permanenza: illusione del ricercatore e natura
dell’accogliere.
Il punto di referenza dell’essere spirituale non è più
l’intensità o la durata, che non sono che fantasmi e obbiettivi affascinanti di
sviluppo personale. Anche se si può
accordare un valore puntuale e pratico agli esercizi che tendono a restaurare
l’armonia nella coppia, o in ogni relazione, l’intenzione all’origine di quella
speranza è falsa. Infatti è impossibile vivere le cose sul piano personale in
maniera permanente. La sola permanenza che si possa conoscere è la permanenza
dell’accogliere ciò che è.
Con la maturità spirituale, cresciamo nell’accettazione di
ciò che è, verso l’accogliere forme diverse dell’intelligenza della Vita, che
raramente rispettano i nostri principi e le nostre certezze. Il nostro sguardo
si porta verso un campo più vasto, in cui ci si disfa dei nostri obbiettivi
prefabbricati, delle nostre attese ataviche, dei nostri piani di carriera. Non
resta che un’anima offerta a un Piano, non limitato alla storia personale, che
non può essere scelto dal mentale.
- La relazione è lo spazio d’espressione della gioia.
La storia personale, la coppia, la professione, sono spazi d’espressione della gioia d’essere vivi
e non sono cause di quella gioia. La confusione su questo punto conduce alla
frustrazione e alla sensazione di girare in tondo così diffuso nei gruppi di
ricerca su di sé. Questo significa che la gioia deve precedere la relazione, e
non esserne il frutto atteso. E questo implica di averla conosciuta in sé,
prima di cercarla dappertutto all’esterno di sé.
- Una relazione vissuta senza la coscienza dell’unità è una
dolorosa mascherata.
Nella sensazione di separazione inerente alla condizione
umana, la relazione con l’altro, che cerchiamo di aggiustare in continuazione
senza vederla costruire su buone basi, non può che essere un conflitto, anche
se spesso è controllato. Fino a che siamo profondamente divisi dagli altri, per
la non conoscenza del legame fondamentale che ci unisce tutti, non possiamo che
tentare una relazione, che mimare un avvicinamento o un contatto. Così, questa
azione quotidiana dell’essere umano che
tenta di avvicinarsi all’altro pur temendolo, continua, malgrado la sua
anzianità, tuttora irrisolta.
- L’incontro senza attesa e senza proiezione.
Quando realizziamo senza ambiguità l’assurdità della nostra
ricerca, permettiamo a un altro sguardo di risvegliarsi. Il bisogno di essere
in relazione, libero dal soffrire della sua continua sconfitta, può allora
dissolversi nel riconoscimento dell’Unità. Se l’essenza delle nostre vite
personali che cercano disperatamente di riunirsi, è l’Unità, il bisogno
dell’altro, tendente alla tensione e alla frustrazione, cede lo spazio alla
semplice gioia dell’incontro, senza attesa e senza proiezione.
- La relazione trova il suo senso e il suo compimento nella
coscienza dell’unità.
E’ necessario prendere coscienza della chiusura della
ricerca personale, che fa delle nostre relazioni dei grossolani abbozzi di ciò
che possono essere vissute attraverso l’Unità. Il mondo come è oggi, le nostre
società e le nostre famiglie si sono costruite a partire dalla relazione con
l’altro. Il caos in cui viviamo è fondato sulla separazione, che produce la
menzogna, la rivalità e la competizione criminale. Abbiamo un bel da cambiare
programma politico: constatiamo che non sappiamo trovare il rimedio vero, solo
qualche medicamento sulle ferite dei nostri conflitti. La relazione con
l’altro, che è la linfa della nostra vita insieme, deve essere abitata dalla coscienza dell’Unità, che non è solo
una bella pensata, ma la rivelazione
della nostra vera natura. Si tratta allora di una rivoluzione interiore e non
più di una considerazione filosofica.
I metodi di sviluppo personale offrono dei gradevoli rimedi,
ma la rivelazione spirituale conduce a un rovesciamento dello sguardo, che non
è più chiuso nei limiti della ricerca personale.
Una relazione con ogni
essere e ogni cosa, libero da attesa, e dunque libero da conflitto, può
finalmente essere progettato.