3ème Millénaire n. 83 – Traduzione della dr.ssa Luciana
Scalabrini
Rinascita: cosa si può dire che non sia già stato detto più di cento volte? Non è una trombetta o un martello,
qualcosa che potreste scegliere
o mostrare. E’ un’astrazione e, come ogni astrazione, non si offre a una definizione semplice. La sua debolezza in termini di
definizione è la sua forza linguistica. Possiamo usare questo termine per
significare ciò che vogliamo significhi.
Domandiamoci piuttosto in quale momento l’idea di rinascita,
qualunque sia la sua definizione, diventa seria? Cosa
deve accadere? Non è quando il cammino che seguiamo è
giunto alla fine? Fino ad ora, non abbiamo immaginato che giungesse a una fine. E improvvisamente la constatazione e l’evidenza
difficile e dolorosa che tutto quello in cui avevamo creduto,
a cui ci eravamo dedicati, è a questo punto un imbroglio. Pensavamo, senza
pensare veramente (perché l’attrazione era più forte del pensiero), che era il
cammino che poteva raccogliere tutti i nostri frammenti, che avrebbe
compiuto l’io che credo di essere. Ora che la pulsione e la suggestione
ipnotica sono messe a nudo, improvvisamente vedo il cammino per quello che è, e
non come l’immaginavo.
A questo punto, vuoto di ogni
sogno, abito di nuovo nel io–non –so. Ma, come dice il poeta
“non si smetterà di esplorare”.
Si, la ricerca prosegue ma non è
ancora una rinascita che voglio; il cammino era falso, ma non io. Io voglio una
nuova partenza. Ed è così che mi metto a marciare in
un nuovo cammino. Ma lì sono più dubbioso, meno
convinto. Vedo ora che ci sono strade e incroci e non un cammino unico. E allora comincio a zigzagare da una strada all’altra, fino
al punto che sento di non essere più affatto in un qualsiasi cammino. Il negare
una cosa è in sé, sicuramente, un’affermazione.
Essere uscito da ogni cammino è anche un cammino.
Quando questo diventa chiaro, mi ritrovo di fronte a ciò che
temevo: il niente, quello di girare in tondo senza fine.
L’idea di rinascita è ora diventata seria. Il “sono quel che
sono” non necessita di una nuova partenza. Voglio un
me nuovo. Ciò che voglio, è il reale, non il transitorio. Cosa voglio dire ? Non lo so… So solo ciò che non
voglio. Ho imparato a non aver paura di domandare, non solo su ciò che dicono le persone, ma su ciò che io penso, ciò che sento.
Dunque interrogo me stesso: cosa vuole veramente dire
la parola rinascita? Cosa presuppone? Non presuppone
che io sia già nato? Si, noi tutti possediamo un corpo. C’è perciò una nascita
sul piano fisico. Ma ci saranno livelli superiori secondo i quali io non sarei nato?
Mi osservo e constato che molti dei miei pensieri, dei miei sentimenti, si contraddicono. I desideri, le paure, i
sogni, mi agitano come una marionetta. Il corpo prende delle
posture, io non le prendo. Niente è intenzionale. Tutto è reazione. La
mano sinistra può istintivamente sapere dove è la mano destra, ma che ne è della mente? Spesso vedo che parlo, ma in realtà io
sono parlato. Una registrazione interiore fa uscire ancora
una volta il vecchio ritornello. Nient’altro che parole vuote, delle
fanfaronate. Non c’è nessuno lì. Non c’è coscienza di sé. Allora forse (forse
non sono nato affatto?) io penso solo che lo sono. Ma allora, questa idea di rinascita, si basa su un presupposto! E dove mi porta? A ritornare al temuto io non so…
Poi vedo che sto leggendo quelle parole in una rivista il
cui tema è dedicato alla rinascita.
“Risvegliarsi, morire, nascere, sono tre stadi successivi”,
dice Gurdjieff, il fondatore della spiritualità che
portò la Quarta Via, l’insegnamento antico ed esoterico di
trasformazione di sé.
E’ questo! Ero morto e non lo sapevo. Supponevo che essere
nato venisse per primo. Ma si, devo dapprima
risvegliarmi, per morire, affinché possa nascere. Ma
risvegliarsi a che?
“Risvegliarsi, dice Gurdjieff,
significa realizzare la propria nullità, cioè
realizzare la propria meccanicità, completa e assoluta, e la propria impotenza,
non meno completa e assoluta. Ma non basta
comprenderla filosoficamente, con delle parole. Bisogna comprenderlo con dei
fatti chiari, concreti, con dei fatti che ci
concernono”.
Gurdjieff ne riconosce la difficoltà e perfino la impossibilità
di farlo da soli. E’ necessario un gruppo, dice, che mira allo stesso scopo,
tutti impegnati nell’insegnamento che porta e che sia condotto da un
insegnante. Provo un movimento di retrocessione interiore. Mi scopro tra un si e un no. Se propendo per il si,
ci sarà una piccola morte, la prima di molte morti di questo tipo, cioè la
morte di tutti i pregiudizi che ho su me stesso. Ogni volta che vedo la falsità
di un presupposto profondamente radicato in me, e nessuno è più forte di me in
quanto entità individuale; ogni volta che un’immagine di sé esplode, ci sarà
una morte. E quella morte creerà uno spazio per la crescita dell’essenza, ciò
che sono realmente. Ma Gurdjieff
ci avverte: “la falsa personalità si difenderà”. Essa
è molto astuta e userà tutti i mezzi possibili per mantenere il controllo. Infatti, non essendo che un’invenzione, una compensazione,
sa bene che perdere il potere è morire. La nostra attenzione e la nostra energia sono al servizio sia del vero che del falso.
Noi mangiamo o siamo mangiati. Camminiamo su un ottava
che sale, o che scende. Non ci sono mezze misure.
E’ indispensabile la sincerità con se stessi. E come diceva Gurdjieff “dovete imparare a essere
sinceri”. Imparare? Ma sono stato sincero molte
volte, perché dovrei impararlo? Questo è nel cuore del nostro tema. Prendo me stesso per un Io invisibile, mentre la realtà è fatta di
molti io. Questo deve essere sperimentato in profondità. E
la visione austera di quello sarà una morte dolorosa. Ma
chi è che soffre? Non chi è vero, ma chi è falso. Deve
essere fatta di continuo questa discriminazione. Se no, si affermerà di nuovo la falsa personalità.
Dunque è un lungo cammino, ma il solo che ne valga la pena, perché
la sua direzione è verticale, ascendente. E allora
realizzo, come diceva il poeta:
Non si cesserà di esplorare
E la fine di tutta la nostra esplorazione
Sarà di ritornare al nostro punto di partenza
Quando l’ultima particella di terra da scoprire
E’ quella che fu il cominciamento.
TS. Eliot
La Quarta Via è un modo di comprendere e di prendere
coscienza, così che ad ogni passo l’essenza accresce. E’ nella sua scia che si
fa la conoscenza delle leggi che sostengono ogni fenomeno. Il resto è contenuto nei
versi di un altro poeta :
Essa è la prova della messa in guardia.
Colui che non è occupato a diventare nato,
E’ occupato a morire.
Bob Dylan