Yolande

L’intimità del vivente

 

3ème Millenarie  n.86 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini [198]

 

Y.      Per 40 anni, come tutti, mi sono presa per i miei pensieri, per il mio corpo: mi prendevo per una persona. E poi c’è stato un capovolgimento. In un momento, spontaneamente, un silenzio nella mia testa. Non più pensieri: il silenzio, uno stupore, un meravigliarsi profondo che non lasciava spazio per nient’altro.

Allora mi sono messa ad osservare. Il mio funzionamento era cambiato. C’era il silenzio, “quella cosa”… e tutto il resto. Il resto, quello che chiamo l’io sono, cioè il contenuto dell’istante: ho visto che tutto appariva in quella cosa, d’istante in istante. Che tutto vi scompariva.

 

D.        Il tuo funzionamento era cambiato, dici?

Y.      C’era una leggerezza, un benessere. Mi sentivo in accordo con me stessa, come non lo ero mai stata. Le cose si presentavano, le situazioni, gli avvenimenti, anche quelli che mi avrebbero disturbato… non trovavo niente da ridire. In effetti non reagivo più. E quando due mesi dopo mio figlio morì in un incidente…la stessa cosa. Il silenzio, la tranquillità mi impediva di reagire, di essere una madre distrutta per la morte del figlio. Ho visto che la sofferenza non esisteva.

 

D.      La sofferenza non esiste?!

Y.      Non è la situazione che fa soffrire. Per me è il silenzio. La situazione non fa soffrire quando il silenzio, quella cosa, è lì.

 

D.    Quella cosa chi la vede? Yolande?

Y.      E’ quella cosa che vede. In lei appare la visione, la chiarezza che vede tutto ciò che appare. Infatti è simultaneo: in primo piano c’è quella cosa e… il resto, tutto ciò che appare, l’esistenza, in secondo piano.

Quella cosa è lo spazio che è prima di ogni cosa, ogni pensiero, ogni avvenimento. Non si può comprendere, è lei che comprende tutto, che ingloba tutto. Quella cosa, chiamiamola Silenzio, Potenza, Presenza, Amore, Ultima Realtà, in ogni caso  nessuna parola può definirla, questa cosa si può solo viverla. All’inizio credevo che fosse in fondo a me, ora vedo che è dappertutto. Essa è tutto. Non c’è niente altro, niente che non sia lei. Non c’è più da inquietarsi, da preoccuparsi.

 

D.      Quella cosa è in fondo a te e dappertutto… E Yolande dov’è?

Y.      Yolande appare sempre ma in secondo piano, come il resto. Esiste senza esistere. Non esiste più ma è lì. Non ha più potere. E’ quella potenza, quel silenzio che ha preso il potere su tutto.

 

D.    Lei però ha dei pensieri, delle emozioni…

Y.      Certamente pensieri ed emozioni possono sorgere. Ma quella potenza le governa istantaneamente, li lascia in secondo piano. Non hai nessuna possibilità di identificarti con loro. E non puoi tornare al tuo antico modo di funzionare, non puoi identificarti con chi non sei.

Mi è capitato all’inizio, a volte, di pensare come prima, di fare progetti come prima. Impossibile. Come prima, se avessi voluto fermare il pensiero, non avrei potuto, oggi, se voglio pensare, non posso. Semplicemente è così.

 

3m.  E le emozioni, tutte quelle reazioni automatiche che ci vengono?

Y.      E’ uguale. La paura, la tristezza, è come il resto: un movimento che passa in te  e che riparte. Se non c’è nessuno che se ne appropria, non c’è tristezza, non c’è paura... Non ci sono reazioni.

 

3m.  Da dove vengono le reazioni secondo te? C’è il modo di liberarsene?

Y.      Vengono dal pensiero. Dal credere di essere una persona. Quando quella credenza cade – e questo accade in un istante, non c’è bisogno di praticare venti anni per questo – non c'è altro che silenzio, quella intensità, allora tu ti lasci fare. C’è quel punto di vista nuovo che è sempre lì, quel vuoto pieno, quel silenzio a volte intenso a volte dolce, ma sempre presente. E’ come una sensazione, un toccare, una presenza che non cessa mai, neanche nel mezzo dell’azione, della concentrazione. Quel toccare onnipresente che ti ingloba, che ingloba tutto il contenuto dell’istante, ti impedisce di identificarti col pensiero, con l’emozione che sorge. E’ lui che ti dà il sentire profondo che la persona non esiste. Ed è lui, è questa sensazione che diventa visione, azione… perché quella spontaneità, quella sensazione costante non ti permette di essere nella testa. E’ la sensazione che vede, direttamente. E la visione è l’azione.

 

3m.   La visione è l’azione?

Y.      Vedi che le cose si fanno da sole, senza bisogno di pensarle… La vita non ha bisogno di essere pensata. Giusto il bisogno di essere vista. Il resto si fa da solo.

 

3m.   Il semplice fatto di vedere…

Y.      …fa.. Tu vedi quella fluidità che agisce.

 

3m.   E l’amore in tutto questo? Dici che quella cosa è l’amore… Che ne è dell’amore tra due persone?

Y.      E’ la non–relazione che permette la relazione.

 

3m.   La non–relazione?

Y.      La non-relazione con la persona che credevi di essere. La non - separazione. Ed è quella cosa dentro che ti permette questo. E’ lei che ti permette l’amore che è amore. Nella fusione amorosa si entra in relazione con la non-relazione  all’interno di sé. E’ in questa relazione, questa cosa, che sta l’amore. Ed è perché si entra in contatto  con lei che si dice, che si sente che si è innamorati. L’altro non c’è per niente, né se stesso, né la relazione tra i due… E’ l’ascolto di quella cosa in noi che permette l’amore. E’ lei che ti fa scoprire che l’amore non è all’esterno, che non dipende da niente, da nessun oggetto, da nessuno stato; quella cosa che ti rende vivo, amante, amato: è qualcosa che è lì, all’interno. Non c’è più bisogno di cercarlo fuori. E’ di quella cosa, di quella non –relazione che ci si innamora. Un amore che non può essere sostituito da niente. E’ vero che nella relazione amorosa ci sono istanti di dimenticanza di sé, degli istanti di intimità che sono quella fusione, quella non separazione. Il problema è che quando ti innamori di una persona, rientri in una relazione con te stesso e non pensi se non a questo, che a quella persona. Perciò ti allontani dall’essenziale. Questa passione dovrebbe essere per quella cosa invisibile che ti permette di essere nella non relazione con te stesso, dunque anche con l’altro, e ti permette di sentire l’intensità dell’istante presente piuttosto che l’intensità della relazione con l’altra persona.

 

3m.  Ciò significa che non puoi più innamorarti di qualcuno?

Y.      Ti sei innamorato di quella cosa invisibile, è sicuro. Ma puoi anche  innamorarti di qualcuno, perché è ciò che vivo. E’ bello vedere che nell’istante sei innamorato di quella persona. Ma se non c’è più o se è assente, non mi manca nulla. Quella cosa è sempre presente e ti permette di vivere, anche senza quella persona, in un benessere totale.

 

3m.  Dunque Yolanda può innamorarsi. E non è un’emozione questa?

Y.      E’ l’intensità che guida. Vicino a quella persona è più forte che vicino ad un’altra. L’intensità è lì; tu la segui. E’ lei che ti fa essere qui o là o con questo o con quello. Tu non decidi, tu vai, tu ci sei. La testa non interviene. E neanche l’emozione.

 

3m.   In quella intensità come percepisci l’altro, gli altri?

Y.      Li percepisco come me, come la montagna, come i pensieri: in secondo piano.  Ritorno sempre là. Loro sono passati in secondo piano come me, come il mio corpo e come tutto quello che credevo di essere.

 

3m.   Si, ma come percepisci ciascuno? Ci sono differenze tra l’uno e l’altro anche sul secondo piano?

Y.      Ciò che sento soprattutto è ciò che c’è di più vicino in me, cioè il mio corpo, le sensazioni del mio corpo che sono amplificate all'infinito. In quel secondo piano, il piano dell'io sono è il più vicino. E' sensazione, intensità, movimento. Quella intensità varia con ciò che si presenta nel contenuto dell'istante, vicinanza di quella o quell'altra persona. Ma non c'è il pensiero per dire “perchè sento quel movimento nel corpo questa persona è così” o "devo fare così'’. Ciò che si sta facendo nell'istante  si farà... ma non sarà il risultato di un sapere, di una comprensione: è il silenzio che agisce.

 

3m.   Tu non puoi appropriarti di niente? Ma percepisci il mio psichismo, i miei stati d’animo?

Y.      Tu sei lì, senti e ti lasci attraversare da ciò che accade, da un movimento che senti nel tuo corpo, fuso con tutto il resto. Ma non intervieni, non hai reazioni, sensazioni, commenti. Quando qualcuno entra nella stanza, puoi sentire un movimento meno confortevole o invece l’intensità che si sprigiona, ma tu non ne deduci niente. Non cerchi di comprendere perché, come o se c’è qualcosa da risolvere e come. Tu senti, punto.

 

3m.  E quando qualcuno si confida con te, ti domanda consiglio?

Y.      Non fai che essere ascolto. Non ci sono movimenti di Yolanda che pensa questo o quello. Il mio io sono è condiviso con tutto quel contenuto dell’istante e lascio tutto il primo piano a quella cosa, prima dell’io sono, per agire se deve agire. Dunque se viene un gesto, viene dal silenzio. E’ lui che sa. E’ lui che fa.

 

3m.  Che fare per vivere quel silenzio?

Y.     Confido totalmente in quella presenza invisibile. La sola cosa che può essere detta mi sembra, è di essere ciò che si è nel momento, di vivere pienamente, semplicemente… e di lasciar fare alla spontaneità ciò che deve fare.

E’ qualcosa che non si può comprendere, né imparare, né volere, né sapere. Allora: lasciarsi fare – che altro?

 

3m.   Vivere l’istante pienamente, semplicemente… non è semplice!

Y. Ci sono momenti della vita dove l’idea della persona scompare, dove non c’è più  che quella cosa che vede. I momenti di gioia, di meraviglia davanti a un paesaggio o a una bella musica. Anche gli shock, una paura violenta… Ma spesso non li si nota perché subito il pensiero se ne appropria… Restare lì piuttosto. Prima del pensiero: sentire. Restare con la sensazione senza voler comprendere né risolvere niente. Avere tutta l’attenzione su quella sensazione e soprattutto accettarla, silenziosamente, non mentalmente.

Molte persone credono che ci deve essere una luce, una gran luce, delle cose straordinarie… E se semplicemente  fosse questo?… Quando il silenzio è lì, stare con il silenzio, con la tranquillità, scoprire man mano che tutto è lì, OK, ma è in secondo piano, non c’è bisogno di farne un mondo. E quando c’è quello che non piace, restare con quello, totalmente, lasciarsi inghiottire, lasciarsi morire – una morte psicologica – per poter lasciar posto al silenzio, e lasciare che imperi, una buona volta.

Restare lì, con la sensazione dell’istante, l’intimità…

Niente altro che essere lì, tu non sei già più lì. Perché senti tutto il contenuto dell’istante presente, senza interferire. Dunque non hai più l’idea di essere una persona: non sei che sensazione. Senti la coscienza, forse ancora un po’ individuale, che il tuo corpo è a disagio con quella tristezza, quel malessere dove sei: è un dono, perché ti rendi conto che l’istante, l’intensità, la verità non è nella testa… E’ meraviglioso sentirlo! Accettare la semplicità di sentire che la vita è questo, e non è vedere luci o entrare in estasi. E’ la semplicità di non essere la persona che sente. E’ sensazione, punto.

 

3m.   Cos’è che fa sì che questi istanti  non durino? Che l’agitazione ritorna?

Y.      E’ un problema di identificazione. Ritorna il mentale, il più forte e vince. Vinto, ci credi fermamente, dimentichi il silenzio e quella cosa potente che è lì.

Vivere quei momenti quando si presentano.

 

3m.   Prima del pensiero…

Y.      Anche il pensiero, bisogna accettarlo. Resta in secondo piano. Lasciare l’attenzione, la sensazione, quella cosa in primo piano, nella totale semplicità, prima di essere la persona che dice “è a me che capita” o “ sta passando”. Forse accettare la semplicità del silenzio, di sentire, di essere prima di qualsiasi cosa.

 

3m.   Lasciarsi scegliere da ciò che è lì, perché è lì… Qual è il senso della ricerca spirituale, allora, poiché vede sempre  un sapere, uno stato, un progresso, qualcosa davanti?

Y.      Ha ancora un senso poiché è lì, poiché si presenta. Voler fare il contrario sarebbe la stessa cosa: sarebbe rifiutare ciò che si presenta… Bisogna accettare tutto ciò che si presenta, fare yoga, meditare, essere in una ricerca spirituale…, mentre ciò che guida , come tutto il resto d’altronde, è sempre e in ogni caso quello stato primario.

Dunque continuare a lasciarsi fare, anche se c’è ancora la persona che è lì, che vuole, che spera.. Sentire, piuttosto che provare ogni sorta di tecniche… Ma occorre accettare anche le tecniche: fanno parte del cammino che si presenta a sé…