Andrew Cohen
Il risveglio impersonale
3ème Millénarie n. 42 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini, seconda parte
D: Parlate molto di vulnerabilità e
d’insicurezza, spiegando che è importantissimo, ma difficilissimo gettarsi nel
vuoto. Ora quando nella meditazione si ritorna al
centro, si ha un’impressione di insicurezza, ed è
invece nella vita che sperimentiamo l’insicurezza e la vulnerabilità.
R: Il grado di pace e di vuoto che si è
realizzato uscendo dalla meditazione, non può essere misurato che quando si
esce dalla meditazione e si va nel mondo. In quel momento, si vede come si
agisce di fronte alle prove della vita, nel mondo della molteplicità, e si può
determinare fino a che punto si è realizzato il vuoto. Perché se si è
sperimentata a fondo la pace e la felicità nella meditazione
, mentre c’è la paura dell’intimità e non si è capaci di avere fiducia e
si resta fondamentalmente egoisti, questa esperienza d vuoto no serve a niente.
D: Se si medita molto profondamente e si ha
questa esperienza, c’è la pace e il cambiamento
diventa meraviglioso, anche nelle peggiori catastrofi. Ma
il problema nel vostro insegnamento è conciliare la non-dualità e l’evoluzione
dell’umanità in una sequenza temporale.
R: Si trova proprio lì la bellezza della
cosa. Ed è precisamente adusto problema che m dedico.
Bisogna trovare una prospettiva che ci permetta di
farlo, senza il quale il nostro compimento spirituale e la nostra filosofia
saranno limitati. Dobbiamo trovare il modo d’andare al di là
della divisione interno/esterno, manifesti/non manifesto, non
dualità/molteplicità. Per la maggior parte delle filosofie, o non c’è alcuna
differenza o non c’è che la differenza. Io dico che c’è unità, ma che in questa unità
dobbiamo fare delle distinzioni. E andrò ancor più lontano; man mano diventiamo meno egocentrici, abbiamo una naturale preferenza
per il contrario del conflitto, per conoscere l’Unità, cioè la Vacuità. Si
tratta di una preferenza naturale che non viene dalla mente. Si scopre
semplicemente che, meno siamo distratti dall’ego, meno avremo ambizioni, sete
di conquista, d’avere, di diventare, e più siamo attirati dalle nostre relazioni
con la nostra esperienza, il mondo e gli altri. La nostra umanità stessa
cominci a fare delle scelte,
manifestando questa preferenza, che esprime il
contrario dell’ego, cioè amore, non-dualità, semplicità, non egoismo,
compassione, gioia d’essere o d’essere cosciente.
E’ un’esperienza silenziosa nella quale il misteri e la non-dualità si manifestano nel tempo, nello
spazio, nel corpo, in mezzo al pensiero, alla sensazione, all’emozione, al
piacere, al dolore, ecc. E’ lì. E’ sensibile, straordinario. C’è una risposta
ad ogni domanda, non ci sono più perché , dove le cose
sono come sono o come possono cambiare, e allora ci si riposa.
D: Non è perciò più questione d’evoluzione.
R: E’ vero, non c’è più ostacolo
all’evoluzione, poiché dal punto di vista spirituale, il solo ostacolo
all’evoluzione, è l’attaccamento dell’individuo alla sua separazione, all’idea
d’essere unico. Quando questo impulso muore nella
prospettiva risvegliata, non c’è più impedimento all’evoluzione. Per essere più
chiaro, evoluzione è la manifestazione della pace, del vuoto e della
cessazione, qui, in questo mondo del tempo e dello spazio ed essendo noi
stessi. E perché gli individui sono attaccati alla
separazione che ci sono le guerre. Così, l’individuo accade
simultaneamente nell’individualismo e nella specie, quando l’attaccamento al
bisogno di essere unico cessa a un livello molto
profondo nell’individuo. La relazione dell’individuo con tutta la sua
esperienza, allora cambia. E’ la regione per la quale sono apparsi movimenti
molto importanti, religiosi o altri, anche se nel corso del tempo, sono
degenerati o si è perduta l’essenza della loro realizzazione.
E, attraverso la loro esperienza, altre persone si
sono rese conto di ciò che era possibile.
D: Non è simile alla vocazione dei boddisattva che non potranno lasciare la terra se non
quando “l’ultimo filo d’erba sarà stato risvegliato”?
R: E’ esattamente questa la motivazione di
cui sto parlando.
D: Ci sono quindi due versanti nel vostro
insegnamento, quello che stiamo vedendo, dove il punto è l’evoluzione
spirituale della specie, e l’altro versante, che è puro advaita-vedanta, dove
il punto è la realizzazione di sé.
R: E’ vero, non posso sempre parlarne,
perché le persone devono essere pronte per questo.
D: Questo ha modificato qualcosa nel ostro insegnamento?
R: Si, perché all’inizio ero molto,
preoccupato dell’esperienza dell’individuo, e ora m’interessa molto l’altro
aspetto. Metto perciò l’accento sul bene più grande, però sempre fondato su ciò
che sente o pensa l’individuo nel momento presente.
D: Non temete che ciò sia interpretato
unicamente su un piano psicologico o sociale?
R: Il rischio di fraintendimento è
inevitabile, perché il movimento dell’evoluzione nell’individuo va dal
grossolano al sottile; di conseguenza, se parliamo di qualcosa di molto sottile
che richiede un grado d’attenzione ancora più sottile, è invitabile che non si
comprenda. Si prova a condurre ad una sottigliezza di coscienza, dove lo stato
di coscienza abituale non ha l’abitudine di andare in profondità. Ma se c’è
sincerità, vulnerabilità e interesse, l’individuo troverà
che la sua coscienza è purificata per il fatto di dare attenzione e
concentrazione a questa stessa sottigliezza. Ho esperienza di questo con i miei
allievi che dicono: “credevo di avervi capito tre anni
fa, quando ho avuto quella grande esperienza di realizzazione,