Testi tradizionali ed ecumenismo spirituale

3ème Millénarie n. 55 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini

 

La convergenza delle visioni non duali cristiane e buddiste offre l’ecumenismo spirituale nel quale il dialogo interreligioso (e noi aggiungeremo “transreligioso”) potrebbe svilupparsi.

 

La Teologia Mistica dello pseudo-Dionigi l’Areopagita.

 

Gli scritti di Dionigi l’Areopagita, che sintetizzano il cristianesimo e il neo-platonismo, hanno avuto una grande influenza sulla filosofia, la teologia e la mistica medievali. S. Bonaventura, o San Tommaso d’Acquino stimavano la sua autorità spirituale superiore perfino a quella di S. Agostino, perché se S. Agostino rappresenta la “via affermativa” (via di posizione), S. Dionigi traccia la “via negativa” (per soppressione), che porta più in alto.

Sebbene la tradizione riconosca in Dionigi il discepolo di S. Paolo, i suoi trattati e le sue lettere non sarebbero state scritte che nel IV o V secolo.

 

I passaggi che seguono sono tratti dalla Teologia Mistica, o “via negativa”.

Trinità sovraessenziale e più che divina, tu che presiedi alla divina saggezza cristiana, portaci non solo al di là di ogni luce, ma anche al di là della non conoscenza fino alla più alta vetta delle Scritture Mistiche, là dove i misteri semplici, assoluti, incorruttibili della teologia si rivelano nelle tenebre più che luminose del Silenzio…

 

… esercitati senza posa alle contemplazioni mistiche, abbandona le sensazioni, rinuncia alle operazioni intellettuali, rifiuta tutto ciò che appartiene al sensibile e all’intelligibile, spogliati totalmente del non-essere e dell’essere ed elevati fino che puoi, fino ad unirti nell’ignoranza con Colui che è al di là di ogni essenza, di ogni sapere.

 

E’ solo allora che, superando il mondo dove si è visto e dove si vede, Mosè penetra nella Tenebra veramente mistica della non-conoscenza.

 

Possiamo penetrare anche noi in quella Tenebra più che luminosa della luce e, rinunciando ad ogni visione e ad ogni conoscenza, possiamo vedere e conoscere ciò che non si può né vedere né conoscere Colui che è al di là di ogni visione e di ogni conoscenza! Perché è la mia vera visione e una vera conoscenza e, per il fatto stesso che si abbandona tutto ciò che esiste, si celebra il Sovraessenziale secondo un modo sovraessenziale.

 

… attraverso un totale abbandono, per conoscere senza veli quella non-conoscenza che si può avere di quell’essere, per vedere così quella Tenebra essenziale che nasconde tutta la luce contenuta negli esseri.

Elevandoci più in alto, diciamo ora che quella Causa trascendente non è né anima né intelletto; che essa non possiede né immaginazione, né opinione, né ragione, né intelligenza; che essa non si può né esprimere né concepire; che essa non ha né numero, né ordine, né grandezza, né similitudine né dissimilitudine; che essa non sta immobile né si muove; che essa non è né potenza né luce; che essa né vive né non vive; che essa non è né essenza, né eternità né tempo; che non la si può capire con l’intelletto; che non è né scienza, né verità, né saggezza, né uno, né unità, né divinità, né bene, né spirito o sensi con cui possiamo capirla; né paternità né discendenza, né niente di ciò che è accessibile alla nostra conoscenza né alla conoscenza di alcun essere; che essa non è niente di ciò che appartiene al non-essere, ma nemmeno niente di ciò che appartiene all’essere; che nessuno lo conosce come è…

 

Inno all’Incomparabile e alla Realtà assoluta – di Nagarjuna

Nagarjuna, nato verso il II o il III secolo è il fondatore della scuola mahayana, il Madhyamaka o la “scuola della via di mezzo”. Molti ricercatori ritengono oggi che la sua opera, che segna una svolta nel pensiero buddista, influenzò la metafisica di Shankara e il Vedanta.

I paragrafi seguenti sono tratti da quattro inni che formano il Catuhstava.

 

Inno all’Incomparabile

Omaggio a Te, Incomparabile, a Te che sai che non c’è una natura propria, a Te il cui ardore si prodiga per il bene di questo mondo sconvolto dalle visioni che l’opprimono.

In verità Tu non vedi niente col tuo occhio di Risvegliato; e senza pari, o Signore, è la visione che percepisce ciò che è.

In confronto all’ultima Realtà, qui in basso nessun soggetto conosce, nessun oggetto da conoscere. Ah! Tu sei, Tu, il Risvegliato che conosce l’essenza estremamente difficile da conoscere!

Dappertutto Tu sei presente e non appari da nessuna parte, Tu che rimani inconcepibile riguardo al corpo e agli attributi della nascita, o grande Silenzioso!Come Tu loderai, Signore, Te che senza nascita, senza dimora, superi ogni conoscenza mondana e il cui dominio sfugge alla via della parola…

Poiché, per essenza, Tu non nasci, in Te nessuna nascita, niente andata, niente venuta. Omaggio a Te, Signore, a Te il Senza-natura-propria!

Tu non sei né essere né non-essere, né permanente né impermanente, né esterno né non eterno. Omaggio a Te, il Senza-dualità! Tu non sei né grande né piccolo, né lungo, né rotondo. Tu hai raggiunto il fine senza misura. Omaggio a Te, il Senza-limite!

Tu non sei né lontano né vicino, né in cielo né sulla terra, né nel samsara né nel nirvana.

Omaggio a Te, il senza dimora!

Tu non sei in nessuna cosa, tu hai raggiunto il fine: il dominio assoluto e Tu hai acquisito la suprema profondità.

Omaggio a Te, il Profondo!

Da una tale lode Tu possa essere lodato! Ma sei stato lodato? Se tutte le cose sono vuote, chi è lodato e da chi?

Chi è capace di lodarti, tu che non appari né scompari, Tu per cui non esiste né mezzo né estremo, né percezione né percettibile!

Il Budda ha insegnato la Dottrina per mostrare che non si va da nessuna parte e che non si viene da nessuna parte.

O venerabile Saradvatuputra, venuta significa unione, andata separazione. Là dove non si parla né di unione né di separazione, là si esprimono i mistici con l’aiuto della non-parola.

L’assenza di andata e venuta, là è il cammino dei mistici.

Ciò che non è raggiunto né dall’interno né dall’esterno, è in questo che il Signore dimora.