Philippe M.: Due punti
importanti, come le due facce di una stessa medaglia mi sembra che distinguano
e avvicinino la scienza occidentale alla Tradizione.
La scienza occidentale è arrivata di
recente a supporre l’esistenza di un vuoto quantico, questo è il primo
punto. Prima, soprattutto nel diciannovesimo secolo, aveva gettato le basi di
una concezione energetica della materia. In effetti, era diventato evidente che
noi non percepiamo l’energia che dalle manifestazioni particolari: meccanica,
elettrica, chimica, ecc. Come se una sola energia soggiacente al mondo
materiale apparisse sotto diverse forme. Questo
secondo punto è acquisito.
La Tradizione, che nomino consapevolmente al
singolare, mi sembra che abbia formulato le stesse scoperte attraverso la via
dell’interiorità, al contrario della scienza contemporanea che porta
l’attenzione e l’insieme della coscienza umana all’esterno d’essa stessa, cioè
nel mondo.
Basta riferirsi ai grandi testi tradizionali per
ritrovare i due punti citati sopra: “Il Qi non
si può vedere né comprendere se non attraverso delle modificazioni materiali.”
“L’energia si trasforma in
esistente, poi l’esistente si trasforma in energia… Nascita e morte non sono che mutamenti del Qi”.
Il Ling Chu,
libro di medicina dell’antica Cina, che definisce il Qi come astratto e impalpabile, stabilisce
l’identità della materia e dell’energia.
Nel ramo Shivaista, la Tradizione presenta l’energia primordiale così: “Si deve sapere che essa è il dinamismo e che questo movimento è acausale, il non-nato. Che significa senza contenuto, fuori dal tempo e dallo spazio”.
Quest’ultima definizione ci conduce al vuoto; perché,
come lo fa rimarcare il cosmologo Marc Lachieze-Rey: “Il vuoto regna dappertutto oppure non
è. Non può essere localizzato”.
Malgrado tutte le reticenze del pensiero occidentale
contemporaneo a riconoscere che quei due punti
fondamentali furono scoperti da saggi dediti alla vita interiore, e ignari in
scienze sperimentali, m’interrogo seriamente su ciò che bisognerebbe allora
chiamare una coincidenza concettuale.
Pascal G.: La
descrizione del Qi nel Ling
Chu è molto vicina al concetto di energia nella fisica quantistica moderna
che descrive il mondo in campi e particelle. La definizione dell’energia nella
fisica rimane abbastanza fluida. Si definisce abitualmente l’energia d’una
particella elementare (per esempio un elettrone) come risultante della sua
velocità e della sua massa; ma l’energia può essere associata a molte altre
forme più astratte, come quelle del vuoto, per esempio, o di una
energia associata alla densità dei campi.
Ma ciò che si riterrà sarà soprattutto che l’energia è qualcosa che cambia. E, se si guarda più da vicino, si può intuire che luce e materia non sono che manifestazioni d’energia. Ma questo ci porterebbe troppo lontano. E’ soprattutto attraverso la nozione di cambiamento abbastanza vicina a quella di modificazione materiale, se si prende la nozione di materiale nel senso più ampio di “fisico”, che l’analogia tra le nozioni tradizionale e moderna assume tutto il suo senso.
D’altra parte, il concetto tradizionale di mutazione
tra l’energia Qi e l’esistente è abbastanza
toccante… Perché la misteriosa energia del vuoto, la cui esistenza fu
effettivamente provata, dà nascita in ogni istante e in ogni punto dello spazio
a una quantità inimmaginabile di particelle che
appaiono in una piccolissima frazione di secondo e che muoiono annullandosi
altrettanto velocemente. Ciò che si crede essere il vuoto, nel senso di assenza di particelle di materia, è in realtà un
formicolio di creazione/annientamento di particelle effimere: “L’energia si
trasforma in esistente, poi l’esistente si trasforma in energia”.
I fisici parlano di un vuoto pieno di
energia. Secondo le teorie sviluppate nel ventesimo secolo, l’energia
del vuoto increato (non attualizzato in luce e materia ), vera energia
primordiale, sarebbe all’origine della creazione dell’universo in quella famosa
esplosione del Big-Bang. E a quella origine, nel tempo
zero della fisica, fuori dal tempo e dallo spazio, il tempo e lo spazio non
esistono ancora perché la manifestazione dell’energia sotto forma di materia
non ha ancora avuto luogo.
La teoria d’Enstein della
gravitazione afferma infatti che la creazione della
materia porta alla creazione dello spazio-tempo perchè la struttura dello
spazio-tempo è determinata dalla distribuzione della materia.
Allora effettivamente, per i concetti rivoluzionari
della fisica quantistica e relativista sviluppata nel secolo scorso, mi sembra
difficile parlare di una semplice coincidenza concettuale.
Philippe M.: Un terzo punto di convergenza sta, mi sembra, sullo stesso concetto di energia e delle sue manifestazioni che, secondo la Tradizione, potrebbero essere qualificate come vibratorie.
Per questa, la creazione del mondo
emerge non solo da una vacuità primordiale, ma sotto la forma di vibrazioni che
progressivamente diventano sempre più grossolane. E’ evidentemente con l’idea del Verbo creatore che è
evocata la manifestazione miracolosa del mondo, ma anche e soprattutto con
l’energia della Parola che, attraverso la Potenza divina si manifesta su tre differenti
piani corrispondenti a forme differenti di energia, dalla più pura alla più fenomenica.
In questa versione shivaista della Tradizione, la
manifestazione cosmica dell’universo è modellata sui fonemi dell’alfabeto
sanscrito che comincia, come tutti gli alfabeti, con le A, coscienza dell’Io
assoluto… l’incomparabile… totalità indivisa, per svilupparsi attraverso le
vocali combinandosi tra loro per generarsi a vicenda; vengono poi le
semivocali, poi le consonanti più grossolane. L’analogia del Verbo creatore o
della Parola divina evoca evidentemente le manifestazioni dell’energia sotto
forma vibratoria. Sotto l’aspetto platonico, la Tradizione ci
insegna che l’anima del mondo generata dal Demiurgo, precede il corpo
del mondo di cui essa organizza armoniosamente, perché musicalmente, i
differenti livelli d’esistenza. Arriviamo qui alla meravigliosa
armonia delle sfere dei pitagorici. Le leggi musicali, che sono formulate
esplicitamente, rinviano direttamente a una cosmologia
vibratoria dei livelli d’energia.
Non c’è qualche strana somiglianza tra Scienza
contemporanea e Tradizione spirituale? Strana tanto più che l’una, come si sa,
si è sviluppata sullo studio esclusivo del mondo esteriore considerato
oggettivo e quantitativo, l’altra, che la precede, si è espressa
qualitativamente sotto diverse forme (cinese, shivaista,
platonica, ecc) ispirate soggettivamente, cioè
attraverso e dentro il Soggetto cosciente.
Pascal.G.: La manifestazione vibratoria della Natura fu spesso
messa in evidenza, per esempio, nello studio dei campi elettrico e magnetico.
Ma in questi ultimi anni è apparsa una nuova teoria detta delle supercorde con la quale, come dice il fisico Brian Green “le metafore
musicali assumono una tutt’altra realtà, poiché, secondo questa teoria, il
regno microscopico sarebbe bagnato da piccole corde, i cui modi di vibrazione
orchestrano l’evoluzione del cosmo… Corde di violino generano note di musica
differenti; i modi di vibrazione di una corda fondamentale generano masse e
carichi diversi”. C’è, mi sembra, più che un’analogia
con il mondo musicale.
Quando si studia il modello standard della fisica
delle particelle, si può essere sorpresi di trovare una nozione vicina ai tre
piani che tu citavi: la materia attualmente conosciuta
si divise in due grandi tipi, i quark e i lettoni.
I quark sono costituiti da tre famiglie così come i
lettoni e ciascuna di queste famiglie è costituita da
masse sempre più pesanti, incarnandosi sempre più nella pesantezza del mondo
manifesto, dove, per riprendere la tua espressione, diventano, in un certo
modo, sempre più grossolane. E, come abbiamo scritto in un precedente articolo
“il numero tre appare, in modo misterioso, onnipresente in fisica delle
particelle; una legge ternaria sembra essere all’opera, nel modo in cui la
materia è fatta”.
Infine, l’evocazione dalla A
dell’ alfabeto sanscrito e la sua materializzazione progressiva mi fa pensare,
se si svolge il Big Bang al contrario per risalire ai primi istanti
dell’universo, alla ricerca della forza unica o Superforza. Il premio Nobel
della fisica fu assegnato nel 1979 a S.L.Glashow, A. Salam e S. Weinberg per l’unificazione di due forze fondamentali
(elettromagnetica e debole) sulle quattro conosciute, essendo le altre due la
forza nucleare e la gravitazione. I teorici si sono poi lanciati in quella
ricerca della grande unificazione o Teoria del Tutto,
perché pensano che le quattro forze erano, all’inizio dell’universo, una sola
forza unificata, la Superforza, che si differenzia molto presto nel corso
dell’espansione dell’universo.
E’ divertente che Brian Green qualifichi le particelle
conosciute oggi “lettere della materia”. Il concetto d’unicità primordiale
presente nel ”A…totalità indivisa”, si ritrova in un certo modo nella nozione
di supercorda che genera con le sue vibrazioni l’insieme dello spettro, o
dell’alfabeto dei costituenti elementari dell’universo.
Perché questa teoria porta nella sua essenza stessa questo concetto: “La teoria delle corde…
dichiara identica la stoffa di tutta la materia e di tutte le forze. Ogni
particella elementare si compone d’una sola corda, cioè
ogni particella è una corda e tutte le corde sono rigorosamente identiche… La
differenza tra le particelle proviene dai differenti modi di vibrazione delle
loro rispettive corde. Le differenti particelle elementari sono infatti le diverse note di una corda fondamentale”.
Philippe M.: Il punto
di divergenza è quello della coscienza: se per la Tradizione l’Energia
primordiale è Coscienza assoluta, per la Scienza moderna e il suo prolungamento
in scienze cognitive, la coscienza non sarebbe distinta dai fenomeni neuronali.
Essa non può essere coscienza pura. Essa è prima di
tutto coscienza di qualche cosa e
non può essere coscienza pura senza oggetto e senza intenzione.
Molto curiosamente, mentre la Tradizione sviluppa la
doppia equazione Coscienza = Energia poi Energia = Materia, la Scienza approda a una inversione delle formule Energia = che implica Materia = “coscienza”. E non si tratta di una semplice sfumatura, ma di una
radicale inversione… A meno che tutte e due non siano in contraddizione: la
prima descrivendo la coscienza divina, inaccessibile e inconoscibile, come la
indicano i suoi scopritori, mistici e iniziati dei tempi passati, la seconda
analizzando la coscienza umana, neuronale, divenuta mortale per colpa di uno
sviluppo spirituale, come spiega tra gli altri il troppo celebre e
misconosciuto Platone.
Rimane che la maggioranza degli scienziati fanno
l’analisi della nostra coscienza neuronale, rifiutando ogni sviluppo spirituale
o ogni trascendenza possibile, ricusando con parole e a livello di parole tutto
il campo di investigazione interiore dei grandi insegnamenti spirituali della
Tradizione (Cristianesimo, Sufismo, Hinduismo, Buddismo, Taoismo, ecc). Essendo evidentemente molto difficile riconoscere o anche vedere
che gli uomini che noi siamo rimaniamo imperfetti. Una
tutt’altra prospettiva ci metterebbe sulla via della Coscienza-Energia
che rimane eternamente da scoprire nel cuore stesso dello Spirito.