Jean Klein
Vivere con la domanda
3ème Millenarie n. 69 – Traduzione di
Luciana Scalabrini
D: Vorrei domandarvi: cosa
volete dire esattamente con la “domanda”?
R: La domanda è la risposta. Prima che la domanda sia stata formulata,
la risposta è già là. La risposta era là prima che ne siate
consci.
D: Così, quando dite “vivete con la
domanda” parlate solo dell’ultima domanda, non di una qualsiasi domanda.
R: Si, la domanda ultima
alla quale tutte le domande si riferiscono alla fine. Arrivate all’ultima domanda quando avete
esplorato tutte le domande relative. Per domande relative, voglio dire: tutte
quelle domande che non esprimono pienamente ciò che cercate davvero.
Ogni domanda che contiene un residuo di sapere libresco è relativo. Ogni domanda fondata nel desiderio emozionale è relativa. Così “interrogate” le vostre domande e vedete i loro limiti. Questo sguardo vi porta più vicino a quella che è la più vicina: la domanda ultima
D: Avete detto che quando avete incontrato
il vostro maestro per la prima volta, gli avete fatto numerose domande, alle
quali lui ha risposto generosamente in modo appropriato. Ma,
dopo non averlo più visto per qualche settimana, avete sentito aumentare in voi
la sensazione di non avergli posto né formulato la vera domanda. Avete detto
che a quell’epoca, se aveste fatto domande più profonde, avreste ricevuto di
più. Non è stato nel momento in cui avete percepito i limiti della vostra
mente, che avete visto la differenza tra le domande
relative e le domande assolute?
R: Esattamente. Ogni essere umano vive con
delle domande, ma molto spesso sono mal formulate. Le persone vivono in
un’accecante nebbia di divenire, inconsapevoli delle loro ragioni di pensare e
d’agire. Cercano di guadagnare denaro e non sanno nemmeno che fare con questo
denaro quando l’hanno ottenuto. Così il primo passo è diventar coscienti delle
proprie motivazioni, di formulare domande, di domandarsi :
perché faccio questo? Che cosa cerco? Dove vado? Facendo queste domande relative, diventerà chiaro
che voi concentrate tutti i vostri sforzi sulla sopravvivenza del concetto
“io”.
Voi scoprite che c’è una “persona” implicata. E
l’ultima domanda comincia quando interrogate il soggetto che pone le domande.
Non diventate libero dalle domande relative che il giorno in cui vi chiedete: chi è questa persona?, questo “io” chiamato “me
stesso”?
D: Così si comincia col domandare. Si interrogano le domande e finalmente si è condotti a
domandare a chi domanda. Ma chi domanda è ancora un
oggetto, e tutto questo resta sempre nell’ordine del domandare relativo. Ma come arrivare all’ultima domanda?
R: Dovete esplorare in profondità che
domanda. Domandategli quale è la sua natura. Vedrete
allora che non ha alcuna esistenza in se stesso. E’
un’immagine costruita dall’educazione, il “si dice”, le credenze, le
esperienze, in breve la società.
D: Finché restano ancora dei residui, come
il credere in un “io”, non posso fare l’ultima
domanda?
R: Quando la persona è eliminata, il Sé
interroga il Sé. L’ultima domanda è uno stato interiore che viene dalla
risposta stessa. Questo stato interiore è al di là di
ogni formulazione. Ma dovete trascendere ogni
formulazione per diventare completamente chiaro su questo stato interiore.
D: Se è uno stato al di
là di ogni formulazione, in qual misura potete ancora chiamarla una
domanda? Sembrerebbe che utilizziate ora la parola domanda
in un modo nuovo. E’ la stessa cosa della contemplazione?
R: Tutte le domande vengono da”io non so”, altrimenti non fareste domande. Tutte le domande
vengono dalla possibilità di conoscere; altrimenti non fareste domande. In
altre parole, una domanda ha la sua origine nella conoscenza, nella risposta.
Questo è vero anche al livello più profondo: tutte le domande sorgono dalla
risposta.
D: Così lo stato interiore senza formulazione
sorge quando l’”io” è visto per ciò che è: proviene da “io
non so”, e la sua origine è nella risposta. Questo stato interiore ha ancora la
natura fondamentale di una domanda?
R: Si, ma la differenza è che nel domandare
relativo c’è ancora un “io” che proietta qualcosa per essere conosciuto. Il
“non so” è temporaneo. Mentre nell’assenza di un “io”, non ci
sono proiezioni di qualcosa di conosciuto e c’è un riposo spontaneo nel
non-sapere. Nell’assenza di chi domanda, la domanda diventa il
domandare, il domandare senza chi domanda.
D: Se non c’è niente da conoscere, nessun entità personale da proiettare, allora la risposta
non può essere un oggetto di conoscenza. E’ questo che volete dire “con la
domanda è la risposta”?
R: Si,assolutamente.
La domanda è l’apertura presente dove nessuno è presente. La risposta non è
nient’altro che questa apertura. L’apertura è la
vostra vera natura. E’ tutto ciò che siete. L’apertura,la risposta si riferisce a essa stessa, alla fine non c’è
nulla che si conosca. C’è una completa assenza di visualizzazione, di
rappresentazione, di aspirazione illusoria. Non ci
sono spinte a cercare di comprendere, di formulare la
risposta con dei pensieri. E’ in definitiva negativo
perché questo non può essere sperimentato come un oggetto. L’apertura si
riferisce alla nostra totalità.
D: Possiamo ritornare a “viver” con la
domanda? Volete dire con questo, vivere nella apertura,
nel “non sapere”, e come possiamo vivere nell’apertura?
R: Vivendo senza conclusione, d’istante in
istante. Vedete come la vostra mente si agita avanti e
indietro come un cane arrabbiato. Vedete come non vivete nel non-sapere, come
avete paura di vivere senza conclusione. Vivere senza
conclusione, nell’apertura è, come avete detto, la contemplazione senza “contemplatore”.
Questo stato interiore è la risposta e la domanda.
D: Sembrerebbe che, se rinuncio a concludere, la mia vita sarebbe un fallimento, o, ancora
peggio,diventerebbe immobile!
R: Vivere senza concludere
non vuol dire essere passivo, siamo chiari in questo punto. Non concludere vuol dire che non concludete attraverso delle
interferenze personali. Gli oggetti, le situazioni si concludono
da sole quando le lasciate vivere. C’è un scelta per
la ballerina sulla corda tesa? Potete essere sicuro che non pensa alla destra o
alla sinistra, ma che è stabile senza pensieri, nel centro. E’ spontaneamente
nella non-conclusione. Quando siete stabili nella
globalità, è normale vivere nella coscienza senza scelta come la ballerina del
circo. Così vedete che l’azione e la non azione appartengono entrambe allo
spirito.
Nella nostra pienezza, nella nostra
globalità che è solamente presente nell’assenza di ogni
controparte, c’è spontaneità, pura azione.
D: Quando non c’è nessuno che sceglie
d’agire in una via o in un’atra, l’azione è spontaneamente corretta?
R: Si, i fatti portano alla conclusione che
può non esserci sempre un accordo con le preferenze dell’ego, ma è sempre
giusta, e la soluzione è appropriata. Quando siete al di là
della scelta, come la ballerina sulla corda, quando la mente non cospira
più, quando i fatti sono maturi, la conclusione viene istantaneamente. Vivete
aperti a tutto ciò che è percepito, aperti all’apertura.
D: Quando dite “vivete aperti a tutto ciò
che è percepito e non interferite con i vostri paragoni e i vostri giudizi”,
questo mi ricorda il bel testo Sin Sin Ming, scritto da Seng-ts’an, che comincia così: “la grande Via non conosce difficoltà poiché è al di là di
tutte le scelte”. Ciò che mi intriga in questa
traduzione è che l’accento è messo sulla via che è al di là della scelta, e non
sul fatto che non si debba scegliere. Molto spesso penso che le persone
interpretino il vostro insegnamento come se fosse uno stato senza profumo,
senza differenza, dove ogni oggetto è in un certo modo simile ad un altro
oggetto. Infatti, non è che non ci siano differenze, ma che siamo al di là delle differenze.
R: Voi siete il sole che crea tutti gli
oggetti. Nell’apertura, c’è differenza ma non distinzione, differenza, ma non
preferenza. Vivere senza preferenza non è una visione corretta. E’ ancora
mettere l’accento sull’oggetto. L’accento dovrebbe essere messo sul soggetto. Non è che tutti gli oggetti siano gli stessi, ma è che non
ci sono più “oggetti”. Quando vivete nell’apertura,
l’accento si trova messo al posto giusto. Ogni “oggetto” ha allora il suo proprio significato, il suo vero senso. Nella
non-conclusone, il mondo è ricco e intelligente.
Si deve arrivare allo stato dove c’è una
modificazione completa d’energia, dalla vita vissuta ne
l conosciuto a vivere nell’ignoto. Questo non è il risultato di un
atteggiamento, ma la riorchestrazione d’energia che viene come risultato della comprensione: la compresione
specifica che è solo nella vostra assenza che c’è l’ultima presenza.
D: Così ogni sadhana o ascesi, ogni aspirazione spirituale dovrebbero
andare nella direzione di questa comprensione che risulta dalle modificazioni
d’energia?
R: Assolutamente.
D: Questa comprensione, questa visione
istantanea si manifesta prima nel cervello?
R: Si, ma nella mente che
funziona nella complementarietà, nella dualità. Ciò che voi siete fondamentalmente è al di là del
cervello, ma il cervello lo rende percepibile. L’istante della visione
istantanea è scelta dal cervello e trasferito alla
nostra totalità. Allora si dispiega: è immediatamente sentito a tutti gli altri
livelli della struttura psicosomatica. E’ solo quando è diventato globale, quando ha toccato tutte le cellule, che si può dire
che “ è diventato comprensione”. Si è coscienti di un cambiamento fisiologico
immediatamente. La visone istantanea risuona a tutti i
livelli. Ma arrivare alla sua piena attualizzazione e penetrare il corpo di ogni cellula, richiede tempo.
D: Il corpo può essere preparato per questo assorbimento, perché sia recettivo più rapidamente?
R: Si, perché, in un certo modo, raggiunge
il suo stato perfetto, la perfetta salute.
D: Avete detto che vivere con la domanda è
esattamente la stesa cosa che vivere nell’apertura, nel non-sapere, e avete detto anche che questa capacità, il desiderio di vivere
nel non-sapere, dell’accoglienza, fa seguito a un lampo di verità, della realtà
senza sperimentatore. Che senso può avere allora
“vivere senza la domanda” per tutti quelli che non hanno questa comprensione e
non hanno vissuto la modificazione spontanea di vivere dal conosciuto nel
non-conosciuto? Si direbbe che vi riferiate a un
piccolo numero di persone che hanno questa maturità. Come le persone meno
benedette possono comprendervi e beneficiarne?
R: Ho dato il vero senso di “vivere con la
domanda”, ma vivere nel non-sapere a molti livelli vi porta alla domanda. Il
“voglio sapere” è inerente alla natura umana. Questo non ha niente a che vedere
con la maturità. E’ un’urgenza interiore. Direi che si dovrebbe cominciare col
prendere nota, vedere come al mattino, svegliandovi,
voi anticipate. Tutta la giornata scorre nell’anticipazione, nella lotta per
raggiungere uno scopo. Vedete come vivete nel prendere,nello
scegliere, nel continuo conosciuto.
Così direi: cominciate col passare la metà
della giornata guardando tutti i movimenti in cui non vivete
nel non-sapere. E allora, cosa succede? Come questo
può aiutarvi? Quando vedete che siete tutto il tempo nel fare, incontrerete dei
momenti di discontinuità in voi, perché questo siete voi, Mario
Rossi, che forza la continuità, voi vi sentite in una presenza
non-oggetiva. Non è un’esperienza perché non c’è nessuno per sperimentarlo, ma
è un momento dove c’è un sentimento d’eternità.
D: Così, questi momenti mi aprono gli
occhi, io mi conosco allora, senza essere attaccato a qualsiasi cosa?
R. Si, per un istante siete presi da una
finestra aperta, una finestra d’eternità. Una volta che avete avuto un lampo di
visione del vostro Sé senza oggetto, sarete più spesso sollecitati da lui. E un giorno vi troverete a vivere nel non-sapere.
D: E’ un ritorno improvviso?
R: Si, a un certo
punto siamo spinti.
D: O tirati?
R: Tirati , si.
Questi momenti d’assenza, di presenza senza oggetto, lasciano un eco. Questo
eco è l’ombra che vi porta alla sorgente.
D: Non vorreste, certo, considerare che
passare questa mattinata a prender nota di ogni
anticipazione, sia una pratica!
R: E’ una pratica senza qualcuno
che pratica, come questo può essere chiamato una pratica? Molti fra voi
vogliono fare qualcosa e quando vi do consigli pratici, non ne tenete conto!
D: Avete messo in guardia contro le
conseguenze estreme di un approccio progressivo, è per questo
che non vogliamo cadere in questo errore!
R: Quando si è intesa la verità dalla bocca
di un Maestro, non ci può essere progressione perchè
è un seme che è trasmesso direttamente.
D: Si può essere sulla via progressiva e
avere trovato il guru?
R: No, perché il punto di
partenza è falso. Nella via
progressiva vivete nel divenire, credendo che ci sia qualcosa da raggiungere.
Nel periodo di trasmissione, vi trovate nel momento, libero dal futuro, libero
da intenzione.