3ème Millénarie n. 65 – Traduzione della Dr.ssa
Luciana Scalabrini
Una delle nostre cattive abitudini è prendere il mondo
troppo sul serio, il mondo in senso fisico e psicologico. Consideriamo le cose,
gli oggetti e le persone come assolutamente reali. Ma,
quando esaminiamo questi fenomeni, constatiamo che sono effimeri, sono solo
delle apparenze. E una semplice apparenza non può in
nessun modo essere assimilata al Reale, all’Eterno; perché, se è presente ora,
non lo sarà domani. Chiamerei questa verità il principio della Maya, la nostra
tendenza a sbagliarci, a confondere sempre la corda col serpente. E, a causa di questo principio, non abbiamo la minima idea
della nostra vera natura, che non è un’apparenza, una cosa che è nata e morirà.
Se fate una meditazione di qualsiasi genere,
il vostro compito principale dovrà essere quello di sbarazzarvi di tutte le
illusioni.
D: E’ stato detto che dobbiamo conoscere noi stessi. Ma come si fa? Il Sé si può scegliere, tentare di ottenere o di conquistare o lo si deve vedere in modo molto più sottile? Dapprima si devono riconoscere i fenomeni per quello che sono, semplici apparenze. Poi ciò che rimane deve necessariamente costituire il reale. E’ il solo approccio che vale e ha senso. Prima di fare qualsiasi cosa in campo spirituale, la base deve essere necessariamente questa. Quando assistiamo a incontri come questo, abbiamo voglia de fare domande di ogni sorta e, se guardate attentamente, esse si riferiscono al principio della Maya, o piuttosto sul suo non-riconoscimento. Gli uditori hanno molti pregiudizi su se stessi: hanno una conoscenza come quella di essere nati, che moriranno, che hanno un nome, una forma, ecc. Le loro domande partono da questo. E' esatto?
R.P.: Poiché queste domande si basano su un punto di
vista sbagliato, anche le risposte saranno sbagliate. Così tutto l’incontro si
trasforma in un esercizio inutile. Dobbiamo quindi, prima di tutto,
confrontarci con quel principio della Maya che consiste nel vedere in ogni
corda un serpente. Allora si è immancabilmente condotti a porsi la questione
della propria identità. Chi sono realmente? Sono
questo corpo? Sono questa mente? O sono qualcosa che è
impossibile esprimere a parole?
La risposta è: “io non può
essere pensato, perché ciò che sono è totalmente diverso da ciò che può essere
espresso da un concetto, dal linguaggio”. Poiché sono del tutto incapace di
formulare ciò che sono, non posso che restare
silenzioso.
E, in quel silenzio, posso essere Quello, ciò che sono realmente.
Ma dal momento che sono portato a
formulare una qualsiasi verità su ciò che sono, mi ritrovo nel mondo dei
concetti.
Perché una meditazione sia fruttuosa, deve essere in
rapporto con il tema della Maya. E’ solo con questa comprensione che potete
capire ciò che è il vero Sé. Siamo abitualmente identificati con il corpo e con
un nome e non sospettiamo mai di non essere coscienti e che questo insieme di
concetti e di memorie che chiamiamo me è un prodotto
dell’immaginazione. Se solo potessimo vederlo, capire l’impostura dell’io
pensiero, dell’io concetto, allora non ci sarebbe niente altro
da fare. L’identificazione si produce per diverse ragioni, a causa
dell’educazione, del condizionamento, della mancanza d’attenzione soprattutto e
della meditazione nel senso vero di studio di sé.
Abbiamo una conoscenza superficiale del nostro corpo e un’esperienza
superficiale della mente e dei concetti associati alla mente; allora concludiamo che siamo tutto questo. In questo modo siamo
questo insieme di concetti, di memoria e di opinioni.
Non so se vi siete già dedicati a questo genere di riflessioni. Per
esempio, vi siete già interrogati sulla natura del corpo con cui vi identificate? Il corpo è evidentemente inerte. Non dice
di avere una particolare identità, è la mente che lo dice. La mente, che si è
trovata avvantaggiata rispetto al corpo, è un sistema chiuso. Tutte le sue
conclusioni sono basate sulla propria esistenza. Essa si dice: “si, sono io, posso provare che questa mente ha un’esistenza
reale”, ed è ancora fondato sulla sua irrealtà. Infatti
ci si può domandare per chi questa mente è reale, per chi questo ego è reale.
La risposta è sicuramente: per se stesse. E’ un sistema chiuso! Ecco un esempio
di ragionamento
in circuito chiuso. Ciò equivale per la mente a dire che è reale, ma una tale
situazione è fondata su nulla, non viene dalla sorgente della realtà,
dall’Assoluto.
Risvegliarsi a questo ragionamento a circuito chiuso
taglia l’erba sotto i piedi all’ego usurpatore, la falsa realtà, dissolvendola
persino a livello fisico.
Guardate il mondo così com’è. Più lo guardate e più
vedrete che non c’è conferma indipendente dalla sua esistenza. La sola base su
cui riposa è la mente. E’ interessante osservare che il mondo comincia a essere nel momento in cui lo stato “io sono” comincia a
essere. Dal momento in cui siete coscienti, il mondo viene
visto. E dal momento in cui la coscienza vi lascia, se
siete profondamente addormentati, tutto scompare. Così lo stato “io sono” e il
mondo sorgono al tempo stesso; i due sono uno solo.
D: Quando si dorme, quando non ci sono più stimoli
sensoriali, non c’è niente? Forse nessuna cosa è veramente niente, o è qualcosa
totalmente al di là dei nostri concetti?
R.P.:’ vero; noi nominiamo tutto. E, se dite nessuna
cosa, significa l’opposto di qualche cosa; dunque nessuna cosa è per me solo un
concetto; non avete la possibilità di immaginare nessuna cosa, perché è al
di là dell’esperienza di un essere umano. E, se vi
arrivate, forse non c’è niente che sia nessuna cosa. E’ un’estrapolazione per
l’assenza di realtà. E’ una pura estrapolazione del cervello d’un
concetto nel suo opposto.
Quando vi vedete sotto questo aspetto,
avete uno sguardo differente sul mondo e su voi stessi. Se il Sé e il mondo non
sono che uno, allora non c’è neanche separazione tra
due individui. Lo stesso, la separazione tra la vita e la morte scompare,
perché questa separazione si basa sull’esistenza fisica del corpo e
della mente. In nessun momento l’entità corpo-mente scompare dal mondo, perché
i due sono uno e non possono essere separati!
D. Provo a visualizzarmi bambino di due giorni. Bene, non faccio che immaginare, perché non ho ricordi di allora.
Non può esserci la sensazione di se stesso. Questo neonato è nella sua culla e
il mondo è là, al di fuori. La sua coscienza è forse un po’ confusa; non è
sicuro di sapere dove finiscono le sue mani e dove comincia la culla.
R.P.: E’ solo un automa fisiologico. La sua memoria, non
essendo ancora sviluppata, la sua coscienza è al minimo. Ma
comincia e dopo un anno, saranno già acquisiti numerosi ricordi. Ricordatevi di
ciò che diceva Nisargadatta, ciò che siamo è
essenzialmente il prodotto dei cinque elementi. E Maharaji non cessava d’insistere su questo. Perché dava tanta importanza al fatto che non siamo niente
di più che il prodotto dei cinque elementi e dei tre guna, che sono le tre
qualità principali? Perché ritornando, riflettendo sulla propria nascita, si
prende coscienza che questo ego empirico è molto
semplicemente una macchina, una macchina psicofisiologica d’azione, reazione,
avendo in se stessa una vita. Per insistere sulla sua natura meccanica Maharaji
definiva questa egocoscienza,
come chimica. E, identificandovisi, cominciano tutte
le disfunzioni.
D. Quali sono i cinque elementi?
R.P.: La terra, l’acqua, il fuoco, l’area e l’etere(
quest’ultimo significa lo spazio ma non nel senso preeinsteniano della parola
etere).
D. Quale sarebbe la differenza di qualità d’essere tra
qualcuno come Nisargadatta e un neonato che non ha un ego, concetti ecc.? Sono identici?
R.P.: Non possono evidentemente essere identici, ma c’è
una grande somiglianza tra i due stati. Come dice lo stesso Maharaji, quando un
uomo invecchia, abbandona tutto ciò che ha appreso e accumulato e si riavvicina
allo stato della sua nascita. Quando si avvicina il momento della morte, è
presente; diventa come un bimbetto che non ha ancora dei meccanismi intellettuali.
D. La sola differenza è che sa come parlarne, è
cosciente di se stesso.
R.P.: Si, oggettivamente, incarna questo stato d’essere,
quello in cui si è separati dalle proprie illusioni e si sono viste le cose
come sono realmente. Si osserva il mondo non attraverso il principio della
Maya.
D. Cos’è il principio della Maya?
R.P.: E’ vedere un serpente ogni volta che si guarda una
corda. Superarlo è essenziale per vedere il reale.
D. Si., capisco, ma perché
usare il termine Maya?
R.P.: Semplicemente perché è una terminologia ben
accettata nel pensiero orientale, non solo nell’induismo ma anche nel buddismo.
Significa press’a poco illusione ma anche misurare. E’
una nozione interessante perché la misura è anche una forma d’illusione: quando
misurate una cosa, dovete prima accettare che essa è un’entità separata.
D. Chi semina la confusione, l’ego o il principio della
Maya?
R.P.: Non potete dire che la Maya e l’ego mentale siano
principi separati. Hanno tutti e due la stessa
origine, una mancanza di pulizia della mente. La mente è uguale a Maya. Nella letteratura si dice che la mente è
Maya. Perché senza impurità, senza illusione non c’è
la mente. La mente sono i pensieri. Non adoperiamo
pensiero in senso scientifico o tecnico ma in senso
psicologico: tutti i nostri fantasmi, le nostre false idee, prendere il
non-senso per la realtà. E’ la Maya. Per questa ragione la mente s’inventa dei
problemi, come la paura, i conflitti, gli attaccamenti. Poi lotta per esserne
liberata e questo crea altri problemi. La mente aspira a raggiungere la realizzazione, come se la realizzazione fosse una cosa molto
lontana, di cui occorre impadronirsi. La mente ha una caratteristica strana:
rifiuta di avere a che fare con se stessa, rifiuta di guardare dentro di sé,
perché sarebbe una minaccia mortale per la sua sopravvivenza, una minaccia di auto-dissoluzione.
Il principio della Maya è una forza molto potente,
perché l’alternativa è la morte. La morte dell’ego è
la soluzione, non c’è ambiguità né compromessi. Ogni
compromesso è la continuità del principio della Maya.
D. L’arte di maneggiare la spada nello Zen è
interessante. I novizi sono iniziati a un’arte molto distruttiva, nella quale si liberano
del loro ego. Il bel
gesto col quale combattono e uccidono il loro nemico si basa sull’eliminazione
dell’ego.
R.P.: Si, ma qui c’è un problema; è il modo in cui ne
parlate. Quando dite che eliminano l’ego, chi
esattamente elimina l’ego per piacere, esaminiamo questo. E’ un punto molto
importante. Chi è questa entità? Può esserci un’entità che
elimina l’ego?
Qualcun’ altro vuole fare un’osservazione?
D. Sono confuso con i termini che usiamo. Io elimino
il mio ego. Quell’io può eliminare il mio ego? Lo
stesso linguaggio è strutturato attorno all’ego. Da quando si
comincia a parlarne e a provare a rapportarsi a quello che non è l'ego,
siamo condizionati dal linguaggio e diventa molto difficile parlarne.
R.P.: Un maestro Zen a nome Bankei paragonava il processo
suggerito dal nostro amico all’istante, l’eliminazione dell’ego, con il fatto
di lavare il sangue col sangue. Quello che elimina fa parte del problema, di
colui da cui vuole essere eliminato. Non è possibile, perché chi elimina e chi
vuole essere eliminato sono uno.
D. Siamo senza speranza!
R.P.: In effetti non c’è speranza. Non mettetevi su
questa strada! Non provate!
Ritorniamo al punto di partenza. Possiamo vedere che
il mondo degli oggetti e delle persone, tutto intero, è
sorgente di delusioni se lo considero reale? Ma se lo vedo come fenomeni,
apparizioni, come vedrei
un’opera teatrale alla televisione, i suoi attori, personaggi
artificiali che non fanno che imitare persone reali, allora sono fuori da tutto
questo, dal principio della Maya.
D. E’ come la corda e il serpente.
R.P: Si, dovete andare al di là. Se
non vedete l’illusione, non c’è reale per voi. Non potete arrivare al reale per
nessun’altra via. Avete bisogno di vedere l’illusione, a volte in televisione,
perché non è che una televisione, e nella percezione che avete
del mondo, perché non è che una percezione, una fabbricazione. Riassumendo,
quello che chiamiamo il mondo non è che un’immagine,
un concetto. E’ terribilmente importante. Quando ne
vedete l’importanza, la questione di sapere se dovete fare meditazione diventa
inutile, dovete averla superata, perché è quello che la meditazione dovrebbe
sempre essere.
Non potete misurare una cosa se non c’è separazione,se non ci sono entità.Misurate
nel tempo e nello spazio delle entità separate.