Abbiamo tutti, in un momento della nostra vita, sofferto per amore. O, più esattamente, sofferto per non aver potuto realizzare l’amore
che proviamo verso un essere. Questa sofferenza può esprimersi a diversi
livelli in termini d’insoddisfazione o di frustrazione, che sono
i sintomi di una situazione interiore che proveremo a scoprire.
Nella prova di un
amore incompiuto, languiamo, soffochiamo, piangiamo e nutriamo molto evidentemente diverse
speranze. Per finirla con quella intollerabile
sofferenza, progressivamente ci abituiamo, “per forza di cose”, a dimenticare.
Ahimè, non vediamo che, lavorando a quel dimenticare, seppelliamo di
nuovo le nostre
anime.
Lo slancio d’amore irrisolto svanisce con l’oggetto di bellezza che l’ha
toccato, per cui la ragione vorrebbe che lo si
allontanasse per dimenticare.
La cosa più terribile è che quello slancio d’amore così vivo,
accompagnato da stati così meravigliosi, sembra “tenere” alla caviglia quell’oggetto amato, i cui passi si separano da noi.
Comprendere l’origine di quello slancio – colpo - di- fulmine ci può permettere
di trasformare l’immensa tristezza, accompagnata da insoddisfazione e
frustrazione che ci opprimono, e forse riscoprire lo
slancio originale dell’essere.
Da dove viene quello slancio inaspettato? Dal gran desiderio d’essere?
D’essere amato e d’amare al tempo stesso? Incontestabilmente. Perché soffriamo tanto per l’assenza? Da quale spazio
interiore emerge?
In noi stessi, perché riempie con l’oggetto di bellezza che ha legato i
nostri occhi, poi i nostri sensi, il vuoto che nascondiamo
dalla notte dei tempi.
Quella straordinaria energia che fiorisce diventa, nel momento della
nostra caduta originale, un “oggetto” di felicità e di adorazione;
l’amore dell’essere è diventato quello dell’apparenza.
In nessun caso questo è un male morale! Non indichiamo altro se non il restringere o il
ridurre, che è causato dal nostro bisogno irriducibile di pienezza, vissuto al livello di “riempitivo” che dà sicurezza.
Irriducibile, si, a meno che non siamo già morti! A
meno che non
abbiamo chiuso la nostra vita entro spaventosi manicomi! Fuori
da quella impasse di tristezza e di ansia, possiamo realizzare che il
cuore risvegliato, aperto, sorpassa largamente l’oggetto d’amore sul quale la
nostra debole attenzione è portata a sognare.
Colui o colei che amo sono diventati i grandi
catalizzatori dell’energia d’essere, che è l’amore puro. La gioia senza
oggetto, la felicità straordinaria d’essere, sembra riflettersi sull’apparente
presenza di colui o di colei che ha toccato il mio cuore.
Ma lo specchio riflette la luce senza essere la luce; e la mia sofferenza
di un impossibile amore terreno si dilegua, per lasciar apparire, sempre più
spesso, la luce d’una incomparabile felicità. Felicità
d’essere, che talvolta la ragione si sforza di concepire fuori
dal mondo, per ritrovarla attraverso una persona particolare:
l’illusione è tenace e la sofferenza duratura!
Nell’esperienza d’amore, che può succedere ogni momento, possiamo
constatare mille e una volta (e più ancora) quanto la nostra felicità vada molto oltre il nostro oggetto d’amore; al punto che il
nostro amore, infine risvegliato, abbraccia tutto, trascendendo la molteplicità
degli oggetti, così come l’unità del mondo dei fenomeni.